Non serve andare in montagna per raccogliere quel mazzolin da mettere al centro della tavola. Anzi. Si può fare meno strada, e portare a casa qualcosa che non solo possa adornare la tovaglia, ma possa colorare anche i piatti di sapore. Ecco, dunque, l’esito di …
Passati i mesi invernali, quasi ci si è dimenticati di cosa sia una bruschetta. Di pomodori, non se ne sono visti molti, salvo quegli esemplari insapori, che di “pomi d’oro” hanno forse solo l’etichetta. Per non parlare, poi, degli aromi: ci si stupisce alla vista …
Prendete un agrume. A voi la scelta del frutto di partenza. Arance dello Zar, arance Vaniglia, bergamotti, cedri, o limoni. Le scorze variopinte fanno girotondo, in equilibrio precario sul bordo della ciotola.
Svetta il giallo del cedro, modellato in quella sua forma allungata, iconica e insolita. Insolita… in quella compagnia di corpuscoli tondi, al massimo un po’ schiacciati. Ad accomunarli la scorza: ruvida, porosa, un piacere che passa sotto le dita.
E, poi, l’essenza. L’aroma. Intensissimo. Inebriante. Un’immersione negli agrumeti calabresi, loro terra natia, che rinfresca l’animo intorpidito dall’inverno. Laggiù, probabilmente, già saluta da lontano l’estate.
Qui, invece, ancora il campo fatica a risvegliarsi. Qui c’è il bruno della terra silente, che non vuole abbandonare il suo letargo invernale.
Ed è così che si ha una scorza dal profumo del sole, e un cuore di spicchi di segale scura. Caldo e freddo, allegria e silenzio: due opposti che, a guardarli bene, si completano l’un l’altro.
Se gli agrumi annunciano l’estate, la segale saluta l’inverno. Il contatto genera equilibrio. quell’equilibrio della natura che avvicina l’uomo al vero, all’essenza della natura, alla sua propria completezza. E ci si perde in una ciotola piena di frutta, con qualche fetta di pane accanto.
Grano Duro Triticum durum È sempre nel Farro dicocco che dobbiamo cercare la “città natale” della semola di grano duro. Quest’ultima, infatti, proviene da lì. Per chi avesse un temporaneo vuoto di memoria, ricordiamo che si tratta dell’ingrediente fondamentale per ogni piatto di spaghetti. Spaghetti, …
Farro Monococco (Piccolo) Triticum monococcum Dovete sapere che non è il ben noto grano tenero a essere all’origine dell’agricoltura, bensì il farro. Per ripercorrere la sua storia, andiamo indietro di ben 12 000 anni, nel cuore pulsante della civiltà: la Mezzaluna Fertile. Si tratta di …
C’erano volte in cui, insieme al biglietto, si prendeva su anche un certo incarto bruno, dal profumo fragrante. Il bigliettaio, così, era più contento: niente resto da conteggiare. Il pendolare pure: niente spiccioli da trovare nel fondo della tasca, ma solo un incarto, un incarto bruno, che avrebbe fatto da compagno in quel lungo viaggio che cominciava…
Correvano gli anni ’50, e il tranvai correva sulle rotaie con loro. Correva su quel cammino di ferro che connetteva Monza a Milano al mattino, e Milano a Monza la sera. La vita dei pendolari del contado era scandita da quel saliscendi rituale: il frizzante timore di perdere il tram al sorgere del sole, e arrivare il ritardo al lavoro, la voglia di tornare a casa, all’imbrunire.
Il tutto, accompagnato da un pane singolare. Pan tranvai, lo chiamavano. Come il caro tranvai.
Tranvai, lo chiamavano. (Quasi) come il tramway che gli imprenditori, uomini navigati, si inorgoglivano di finanziare. Quasi… c’era quella nota caratteristica, un po’ dialettale, un po’ ingenua, che rendeva quella parola anglofona tutta speciale.
Così speciale, da meritarsi di dare sapore al pane. Pane, che non era più proprio pane. Diventava un amico, prima di tutto. Era quella pagnotta che veniva acquistata insieme al biglietto del tram, al posto di chiedere indietro il resto. Ne valeva la pena. Il viaggio fino alla Madunina era lungo: si doveva far piano, per non disturbare le vacche pascolanti. Nel mentre, si apriva l’incarto, e si gustava…
Prima si gustava il profumo. Anche quello, solo, bastava. L’uvetta dolce, zuccherina, punteggiava tutto l’impasto, liberando il suo aroma inconfondibile. E, poi, era pur sempre pane appena sfornato, ancora tiepido, intriso di ricordi del forno.
Così, anche su quel sedile freddo del tranvai, sembrava di essere ancora nel letto. Ancora in pigiama. ancora in un sogno al sapore di uvetta e caffellatte mattutino…