Per narrare tutte le vicende degli Etruschi dalle origine all’assorbimento nella società di Roma, ci vorrebbe un libro intero. E almeno un altro dovrebbe essere speso per tutte le ipotesi e i dettagli su questo popolo che ancora oggi rimangono in ombra. Va subito chiarito: si tratta di una civiltà misteriosa, ma assai affascinante. Qui di seguito vi si propone un breve racconto di ciò che accadde nell’area tra Toscana, Emilia, Umbria e Alto Lazio (ma non solo…) dall’Età del Bronzo fino al I secolo a.C.
Le radici multiculturali degli Etruschi
Il lungo processo di genesi del popolo etrusco prese le mosse tra 1700 e 1350 a.C.: fu allora che la Penisola italica cominciò il suo processo di suddivisione culturale. A poco a poco – e lo si vede nelle testimonianze materiali e rituali – si venne a formare un mosaico di tradizioni diverse, associato all’aprirsi degli scambi commerciali tra l’Europa centrale e il Mediterraneo. Verso il 1200, poi, si ebbe un grande aumento demografico, con l’emergere di nuovi e numerosi centri abitati, in cui incrementarono le attività legate alla fusione e alla lavorazione del bronzo. Ne conseguirono miglioramenti agricoli, che, a loro volta, condussero a ulteriori sviluppi economici e commerciali. In questi anni, però, ancora non si poteva certo parlare di Etruschi.
Intorno al 1000 a.C., quel mosaico di culture ebbe una fase di omogeneizzazione, rilevata dagli storici guardando ai campi di urne cinerarie in cui venivano poste le ceneri dei defunti. Non solo in buona parte della Penisola si praticava la cremazione, ma ricorreva anche la stessa tipologia di urne: iconiche, coperte da una scodella a bordo rientrante, e soggette a uno specifico rituale.
La civiltà Villanoviana nell’Età del Ferro
Si passa poi all’Età del Ferro (X-VIII secolo) in cui si osserva una nuova differenziazione tra culture regionali, osservabile sempre dalle necropoli. Ecco che, tra le varie alternative, nell’area situata tra Toscana, Lazio settentrionale, Emilia e parte della Campania, si delineò uno stile particolare di urne, ancora biconiche e coperte da una scodella, e con un motivo decorativo geometrico inciso a pettine o, in alternativa, fatto di lamelle metalliche applicate. Le prime caratteristiche che ci aiutano a identificare gli albori della cultura villanoviana (chiamata così per le prime scoperte archeologiche avvenute vicino al borgo bolognese di Villanova)… nonché anticamera del popolo etrusco.
La nascita della cultura degli Etruschi
Giungendo dunque all’VIII secolo a.C., la formazione di identità etniche distinte continuò, distinguendo sempre più quella cultura che, a poco a poco, divenne propriamente etrusca. Si dovette trattare di un’epoca di scambi intensi con il mondo orientale, come testimoniano i monili fenici e le coppe per bere il vino importate dalla Grecia. Se da un lato gli stranieri fornivano agli Etruschi opere d’artigiano e ceramica, dall’altro la ricompensa era in materie prime: metalli e altre risorse minerarie di cui l’Italia Centrale era particolarmente ricca. Il successo economico e politico del loro popolo fu infatti dovuto alla capacità di assicurarsi il controllo e lo sfruttamento di ciò che il suolo aveva messo loro a disposizione. È così che i metalli venivano concessi in cambio di manufatti pregiati, ma non solo: i commercianti stranieri contraccambiavano anche – per così dire – con perle di cultura. Furono infatti costretti a condividere con gli Etruschi le tecniche di agricoltura, allevamento, artigianato e produzione, che già da tempo erano sviluppate nei loro Paesi d’origine.
Il processo di Orientalizzazione degli Etruschi
Poco tempo dopo, nel VII secolo, si realizzò quella che gli storici definiscono Orientalizzazione: un processo di progressiva assimilazione delle pratiche e della cultura orientale, soprattutto greca, guardata con ammirazione e desiderio di imitazione. L’alfabeto greco, l’abbigliamento, e la mitologia dell’Olimpo, giunsero in Italia proprio in questi anni. Ad accentuare il fenomeno, i numerosi artigiani ateniesi o provenienti dalle isole elleniche più produttive, che si trasferirono in Etruria, aprendo lì le loro botteghe al servizio della committenza locale. La ricchezza dei corredi funebri di certe sepolture suggerisce infatti che l’alta società etrusca amasse circondarsi dei monili più raffinati e lussuosi, potendosi permettere ogni comfort e sfizio. Le materie prime che controllavano consentivano di acquistare ogni bene più prezioso in commercio allora. Un gusto per il lusso e la ricercatezza condiviso in pari misura tra donne e uomini.
Le differenze tra classi sociali
Lo stesso tenore di vita degli aristocratici e la loro capacità di spesa non era vero per le classi medie e inferiori, per le quali ori e coppe di bronzo erano completamente fuori portata. Ma il desiderio di imitare l’alta società – così forte e arrogante nella sua ostentazione di lussi – li spinse a ideare delle versioni low-cost, che imitavano i materiali più ricchi. Almeno dal punto di vista visivo. Un caso emblematico è il bucchero: la ceramica nera, forse inventata proprio per fingersi bronzo, essendo però accessibile anche alle persone meno abbienti, ma che pure desideravano darsi un certo tono.
Le produzioni artistiche locali
Abbiamo parlato di artigiani greci emigrati in Etruria, ma la storia sarebbe incompleta se non si chiamassero in causa anche gli artisti locali, che da quelli seppero apprendere e far proprie le tecniche di lavorazione. Città come Vulci e, Veio e Tarquinia sono celebri per essere state vere fucine produttive dell’Antichità, da cui vennero sfornati manufatti di fattura eccellente. Gli Etruschi, infatti, non si limitarono a copiare quanto fatto in Grecia: approfondirono le pratiche, ideando propri modelli e iconografie, e affinando la mano, soprattutto per quanto riguarda l’oreficeria. Tecniche orafe come la granulazione e la perlinatura sono cifra artistica etrusca. Lo stesso vale per il bucchero.
La religione
La cultura greca penetrò in Italia anche dal punto di vista della religione. Le divinità elleniche antropomorfe soppiantarono quelle locali, che si fusero e si modellarono sull’esempio greco. È così che Atena e Venere comparvero accanto all’autoctona Uni, e via dicendo. Lo stesso vale per gli animali – quelli fantastici, come la chimera, assunsero forme uniche, rimescolando le due culture – e per i rituali.
La fioritura della civiltà etrusca
Nel VI secolo, la fioritura della civiltà etrusca continuò sulla stessa strada, rafforzando le loro posizioni economiche, con città sempre più sviluppate, popolate e produttive. Seguivano pure gli scambi con la Grecia, in particolare con Atene che invase con le sue ceramiche a figure rosse e nere il mercato italico, in cui si distingueva invece la produzione bronzea locale di eccellente qualità.
La fine degli Etruschi
Tuttavia, ricchezza e potere non sarebbero potuti durare per sempre. Le due grandi battaglie di Cuma, che prendono il nome della città in cui si svolsero (colonia greca in Campania), giunsero a mettere in crisi la potenza etrusca. Nel 524, una coalizione di cui facevano parte anche gli Etruschi attaccò la fortezza, ma i Greci ebbero la meglio. E lo stesso accadde nella battaglia navale del 474, nelle acque tirreniche lì vicino. Il loro dominio sui mari era ormai in discussione: poterono solo ripiegare sul porto di Spina, facendone il loro principale scalo commerciale per i traffici marittimi.
Da queste sconfitte, il mondo etrusco cominciò a mostrare una crepa dopo l’altra. Con l’accrescersi della potenza dei Romani, le città etrusche – incapaci di unirsi tutte in un’unica coalizione – caddero una dopo l’altra, e la loro cultura si assorbì e integrò a poco a poco con quella dei nuovi dominatori della Penisola.
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