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Giovanni Antonio Boltraffio

L’ARTISTA

Facciamo conoscenza con un pittore milanese di fine Quattrocento, che vanta l’appellativo di miglior allievo diretto di Leonardo. Se è lunga la lista di coloro che si sono ispirati al maestro fiorentino, questo qui è senza dubbio tra i suoi più fedeli imitatori. Bravo a tal punto che, ancora oggi, ci sono diversi dubbi irrisolti sull’attribuzione all’uno o all’altro di alcune opere…

Ma mettiamo da parte per ora i punti oscuri, e parliamo di quanto ci è noto e chiaro. 

Giovanni Antonio Boltraffio nacque nel 1467, in pieno fervore di pittura lombarda. I suoi primi lavori furono influenzati da quel che trovò attorno a lui: lo Zenale, il Bergognone e il Foppa. Presto, però, con l’arrivo di Leonardo a Milano, mise da parte i vecchi maestri, per dedicarsi al suo nuovo ispiratore fiorentino. Nel 1482 doveva essere già attivo nella sua bottega, in compagnia di Marco d’Oggiono (allievo anche lui, ma di bravura inferiore) e del Salaì (allievo prediletto di Leonardo). 

In quegli anni, Boltraffio si dedicò ad alcune commissioni a due mani, con l’amico Marco; e al suo genere migliore: la ritrattistica. In queste ultime opere, spesso immagini di committenti trasformati in santi, si nota particolarmente lo stile leonardesco, che diventò costante nella sua produzione. C’è chi dice addirittura che due suoi dipinti chiave, la Madonna Litta e la Madonna del Poldi, furono eseguiti sotto la diretta supervisione del maestro… diventa difficile capire chi avesse in mano davvero il pennello tra i due!

Il Boltraffio operò prevalentemente nella sua città, ossia Milano, lasciandola solo per un periodo bolognese, durante il quale realizzò la sua opera principale: la splendida Pala Casio. Una pala d’altare, commissionata dalla famiglia Casio, di cui vediamo ben riconoscibile il poeta Gerolamo Casio, cinto dalla corona d’alloro. 

LA SUA PITTURA

Per parlare della pittura del Boltraffio, non si può che guardare a Leonardo. In fin dei conti, era quanto egli stesso fece durante il suo lungo soggiornare nella bottega del maestro!

Dunque, partiamo dal ricordare la finezza della sua mano, capace di cogliere la naturalezza della realtà nei suoi aspetti più dolci e delicati. Moti dell’animo sui volti; sfumato morbido, che confonde i contorni delle figure immergendole nello sfondo (senza però raggiungere il maestro); prospettiva aerea per trasmetterci quanto si scorge all’orizzonte. Tutti elementi leonardeschi, tutti ricorrenti nelle tele del suo miglior allievo. Confrontate qualche suo dipinto ben fatto, e faticherete a capire dove finisca Leonardo, e cominci Boltraffio…

LE OPERE

MADONNA COL BAMBINO (POLDI)

Incantevole è questa Madonna con Bambinello, che si dice fosse stata eseguita addirittura sotto la stretta supervisione del maestro. In effetti, basta guardarla per capire quanto Leonardo ci sia in ogni sua pennellata. 

Ciò che colpisce subito è il complicato ragionamento che ci sia dietro la composizione: è un intreccio di movimenti studiati con estrema arguzia. Tutto parte dalla rosa rossa in basso a sinistra, simbolo della futura Passione di Cristo. Il Bambino sta tentando di afferrarla… ma già pronta la madre lo tira a destra con il suo braccio sinistro, sfruttando il drappo nero che lo imbriglia come una pettorina. Allo stesso tempo, però, con la mano libera, la Vergine coglie un fiore di gelsomino (noto simbolo della purezza mariana). Ne risulta un groviglio di moti incatenati l’uno all’altro, senza dubbio ispirati a qualche arzigogolo leonardesco…

Compresa la struttura compositiva, passiamo alla tecnica, di raffinatezza sublime. Il broccato di cui è rivestita Maria ha grandiosi effetti luministici e trasparenze, che sovrappongono i fiorami alle lumeggiature dorate. Nella tavolozza cromatica, il bianco del gelsomino spicca almeno quanto le rose rosse: tutto è studiato per guidare la nostra attenzione sui giusti particolari. Completa il tutto la tecnica dello sfumato, che permette di ammorbidire i contorni, inserendo i due protagonisti nel profondo della scena. 

Insomma, per quanto possa essere un’opera più che ispirata a qualche lavoro del maestro (c’è chi rileva analogie con il progetto leonardesco della Madonna del Gatto), rimane un’esecuzione eccellente. Chissà che Boltraffio non si fosse meritato un premio (o almeno un complimento) da parte del grande artista fiorentino…!

Madonna con Bambino

MADONNA LITTA

Precisiamo subito: qui vogliamo far fede alla posizione di tutti quei critici d’arte che ritengono quest’opera un lavoro di Boltraffio. Sono altrettanti coloro che parteggiano per l’attribuzione leonardesca; tuttavia, dovendo scegliere da che parte stare, preferiamo la prima interpretazione.

A sostegno di questa tesi, un primo argomento è la quasi totale assenza di sfumato nelle figure. Se fosse davvero un’opera leonardesca, sarebbe molto strano non vedere questo tipico effetto di ammorbidimento dei contorni. Altro dettaglio è la tecnica a tempera, al posto di quella a olio, che era la prediletta di Leonardo. Tenendo conto di questi fattori, ci piace pensare che si tratti davvero di un dipinto di Boltraffio. Ovviamente, se oggi lo andate a vedere di persona, noterete subito come sulla targhetta ci sia scritto ben chiaro “Leonardo Da Vinci”. Come biasimare il museo che lo ospita (si tratta dell’Hermitage russo)… pensate che, ai tempi, fu pagato più dell’equivalente di due milioni e mezzo di euro! Se anche voi vi foste trovati con il dubbio di scrivere “Leonardo”, oppure “Boltraffio”, non avreste esitato neppure un momento sulla scelta. Due milioni e mezzo potrebbero essere ripagati solo con la notorietà universale dell’artista fiorentino…

Ma lasciamo stare le conflittualità sulla firma, e passiamo a gustarci il capolavoro come si deve.

La Madonna Litta, detta così dopo l’acquisizione del dipinto da parte dell’omonima famiglia patrizia milanese nel 1780, fu inizialmente commissionata dai Visconti intorno al 1490. Oggi, però, come già anticipato, non la troverete a Palazzo Litta, ma all’Hermitage, a seguito della vendita allo zar Alessandro II.

In primo piano compare la Vergine, dal volto candido, illuminato dalla chioma dorata, che si intreccia con una fascia preziosa. Anzi, una fascia preziosissima: se fate attenzione, noterete dettagli in foglia d’oro. 

Il Bimbo ci guarda sornione, mentre si gusta il latte materno, con un atteggiamento e un aspetto che ricordano molto la Madonna del Latte del Bergognone. Volendo essere precisi, però, è quest’ultimo che pare si sia ispirato al Boltraffio per la sua versione…

Rimanendo sull’opera in questione, citiamo quella veste di velluto rosso, ricoperta da un mantello celeste, che rimbalza e si lega con il colore dei monti. I monti… monti leonardeschi, in esemplare prospettiva aerea, che si dissolvono all’orizzonte, divenendo sempre più chiari. L’allievo aveva davvero raggiunto il maestro nel padroneggiare questa tecnica!

Altro elemento di Leonardo è la posa del Bambinello: una posa in torsione, tutt’altro che semplice, come piaceva molto all’artista fiorentino. 

Come dettaglio conclusivo, vogliamo raccontarvi una storia. Si tratta di un racconto (magari a voi già noto), che parte da quel piccolo cardellino che vedete stretto stretto nella mano di Gesù. Nell’iconografia cristiana, questo uccellino ha un significato spirituale. Una leggenda apocrifa narra che proprio un cardellino si poggiò sulla corona di spine di Cristo, quando questi era lì lì per morire. Avendo cominciato a estrarre le spine dal capo, si ferì con una di esse, macchiandosi la testolina con il sangue di Gesù (macchia rossa che ancora oggi lo distingue). Allora, volò in cielo, portando al Padre la notizia della prossima morte del suo Figliolo. 

Ecco, da questa bella storia, il nostro artista volle lasciarsi ispirare, decidendo di dipingere anche un cardellino, come segno del legame indissolubile tra la Madre e il suo Bambino.

Madonna Litta

RITRATTO DI GIOVANE (BRERA)

Dicono fosse una delle prime prove di Boltraffio in materia di ritratti. Va da sé che l’ispirazione provenga da Leonardo: ai tempi della sua realizzazione, l’autore era uno stretto collaboratore della bottega del fiorentino. Se paragonate questo giovane al Musico di Leonardo dell’Ambrosiana, vi sembrerà di vedere una certa somiglianza, malgrado l’allievo ne abbia ancora di strada da fare, prima di mettersi al pari del maestro!

Ciò che manca di leonardesco è lo sfumato: i contorni sono netti, e non si ammorbidiscono nell’ombra. Tuttavia, i riflessi della chioma sono molto curati, così come il colletto rosso abbottonato sino in cima. 

L’identità del ragazzo? Mistero! L’unico indizio è quella frase in latino tratta da Seneca: “La vita, se sai come usarla, è lunga a sufficienza”. Chissà che non fosse un letterato filosofo…

Ritratto di giovane

RITRATTO DI GEROLAMO CASIO (BRERA)

È questa un’altra opera di Boltraffio dall’attribuzione piuttosto incerta. Tuttavia, oggi si pensa pressoché concordemente, che sia stata sua la mano esecutrice. Altro dubbio è il soggetto: chi è il protagonista?! Fino a poco tempo fa, si sarebbe detto con decisione Gerolamo Casio, celebre poeta bolognese vissuto tra il 1464 e il 1533. Tanto più, visto che intorno al 1500 Boltraffio aveva ricevuto l’importante commissione della Pala Casio. Come dice il nome, si trattava di un’opera per l’omonima famiglia, di cui il letterato era importante membro. 

Se andate a curiosare tra i personaggi della suddetta pala, rivedrete qualcuno che assomiglia al nostro giovane in rosso. Veste vermiglia, capelli riccioli e vaporosi, e corona d’alloro: tutto torna…

E invece no! Nel momento in cui venite a sapere che, nel dipinto in questione, la coroncina fu aggiunta in un secondo momento, qualche dubbio sorge. E sorge ancor più, quando scoprite che anche la scritta sul cartiglio (alcuni versi che riguardano il poeta) non era presente in origine.

Al momento, si continua a identificare il protagonista con Gerolamo Casio, sostenendo che le due aggiunte siano sì “aggiunte”, ma di poco successive alla realizzazione. Si pensa che siano state volute dagli stessi committenti qualche anno dopo. Ed esattamente nel 1523: anno in cui egli pubblicò un componimento per il papa Clemente VII, che lo aveva incoronato “poeta”. La scritta sul cartiglio ricorda proprio questo evento.

Ritratto di Gerolamo Casio

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