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Chiesa di Santa Maria presso San Satiro

LA STORIA 

Si dice che già nel V secolo, quando ancora al posto di Via Torino c’erano pascoli e piena campagna, qui sorgesse una piccola cappellina annessa a un cimitero.

Nel IX secolo, il vescovo Ansperto fondò la chiesetta di San Satiro, in una terra di sue proprietà. La struttura originaria non era niente di più di una pianta centrale, con sacello e torre campanaria. Quest’ultima, giunta fino a noi oggi, si può definire il più antico campanile di Milano dopo quello di Sant’Ambrogio.

Un’altra data importante è quella del 1242, quando la chiesa divenne un luogo di grande devozione a seguito di un evento miracoloso. Allora, infatti, l’immagine della Madonna con il Bambino che era raffigurata su un altarino esterno fu colpita da un pazzo disperato. La pugnalata ricevuta dalla figura sacra bastò per farla sanguinare letteralmente. Ecco il miracolo; miracolo che portò alla nascita della Confraternita di San Satiro, e alla grande devozione nei confronti di quell’icona della Vergine così preziosa. Curioso è il fatto che, approfittando dell’evento miracoloso, non si mancò di far “aggiungere” all’interno dell’immagine stessa anche due personaggi di spicco del tempo: Gian Galeazzo Visconti e Bona di Savoia. Una free-riding pubblicitario ante-litteram molto ben riuscito…!

Fu sempre il Gian Galeazzo a commissionare la costruzione della chiesa di Santa Maria (all’interno della quale fu annessa la precedente San Satiro) nel 1480. L’architetto a cui volle affidare l’opera era un grande personaggio del tempo: il Bramante. Questi non solo rimaneggiò i progetti originali, decidendo di rivolgere l’abside in direzione di via Falcone, per lasciare spazio ai pellegrini, ma escogitò anche quella trovata incredibile per far apparire un enorme coro, laddove non vi erano che pochi centimetri di spazio. Ed è proprio per questo capolavoro di trompe l’oeuil illusionisticoche la Chiesa di San Satiro è tutt’oggi famosa in tutta la città di Milano (e non solo).

LA STRUTTURA

La chiesa è a piante longitudinale, con una forma particolare a “croce commissa”, ossia a T. il motivo è facilmente intuibile: non c’era spazio per costruire anche la parte restante del braccio verticale!

Abbiamo tre navate, di cui quella centrale più ampia e coperta da volte a botte decorate con finti lacunari. Completa il tutto il campanile e l’antico Sacello di San Satiro.

In quanto opera bramantesca, si nota il senso di unità che pervade tutta la struttura, malgrado le grandi difficoltà che l’architetto abbia dovuto superare, per poter adattare la chiesa a certi spazi decisamente “sacrificati”. Per fortuna, la sua abilità, tanto architettonica, quanto pittorica, gli fu d’aiuto per armonizzare l’interno in modo così perfettamente illusorio da parer più vero del vero!

IL CORO

Appena entrati nella chiesa, subito ci si stupisce davanti a quel Coro così realisticamente dipinto, da sembrare autentico. È così che l’impianto centralizzato della struttura sembra perfettamente in armonia: la cupola al centro del transetto appare (come dovrebbe) nel mezzo dell’intera pianta, che si suppone continui anche oltre l’altare. Eppure, è tutto un’illusione. Quei metri di spazio che finirebbero per invadere la retrostante Via Falcone, in realtà, non sono che 90 centimetri di stucco dipinto. Uno stucco che assume la funzione di “supporto psicologico” all’equilibrio della cupola, che altrimenti sarebbe apparsa molto precaria e scoordinata. Infatti, essa richiederebbe delle strutture ampie su tutti i lati: cosa impossibile, visti gli spazi esigui dedicati alla chiesa. 

Poco male, l’abilità pittorica e prospettica del Bramante riuscì a riequilibrare la maestosità dell’ambiente, realizzando un trompe l’oeuil che ricrea l’idea della pianta a croce greca.

In aiuto dell’illusione ottica vennero senza dubbio le ricchissime decorazioni, fatte di stucchi dipinti, e di colori brillanti. 

Cosa potrebbe mai aver voluto raffigurare al centro del Coro? Semplice: quel miracolo che segnò la storia di tutta la chiesa. Aguzzate la vista, e vedrete narrata la storia dell’effigie della Vergine, pugnalata da un tale signor Massanzio, impazzito per chissà quale motivo. 

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