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Un giro in bici… finito in un rovo di more!

Rovo more marmellata illustrazione

Giusto il primo giorno di agosto, la Risolartista decise di rispolverare la sua biciclettina lacustre, che se ne stava da più di un anno a dormicchiare in garage.

Era così impolverata, che quasi il colore non si distingueva più. Ci volle una pulitina fatta come si deve (con l’aiuto del Babbo Antonello), per tornare a far risplendere le sue fragoline. Si trattava, infatti, di una biciclettina bianca non semplicemente bianca, ma piena di fragole rosse vermiglie disegnate qua e là. Una biciclettina pittoresca, insomma.

Con quella biciclettina fragolosa, la Risolartista voleva pedalare fino al vicino paesino di Torricella, situato sulla destra di San Feliciano. C’era proprio una pista ciclabile che costeggiava tutto il lungolago, e che l’avrebbe portata in breve tempo fin laggiù. 

Per non andare tutta sola soletta, chiese a Leccino (il Bassetto del frantoio, per chi non lo conoscesse ancora…) di accompagnarla in questa avventura. Subito il cagnolino acconsentì: prendere un po’ d’aria fresca a bordo della bicicletta era un’ottima idea per sopravvivere al caldo pomeriggio.

Sapete bene che agosto è il mese più torrido e bollente di tutto il calendario. È vero a casa vostra, come lo è anche sulla riva del Trasimeno. E quel pomeriggio del primo di agosto non faceva eccezione…

La Risolartista cominciò la pedalata, fermandosi presto sulla strada, giusto davanti al ristorante Rosso di Sera. Lì, infatti, in un bel punto ombroso e fresco, l’aspettava impaziente Leccino, pronto per unirsi all’amica in direzione di Torricella. Appena fu montato (in modo quasi agile) sul cestino, la biciclettina fragolosa ripartì puntando alla pista ciclabile.

Non dovete pensare che la pista ciclabile fosse esattamente una pista ciclabile. Ci vuole un po’ di immaginazione per chiamarla così. Tuttavia, se chiedete a un qualsiasi abitante del posto cosa sia quella stradina sterrata, tracciata si e no tra i campi del lungolago, vi risponderà con convinzione. Vi risponderà che è la loro rinomata pista ciclabile, che presto collegherà ogni paesino del lago. Presto: appunto. Per ora ci vuole ancora un po’ di fantasia…

Prima o poi, però, state certi che quella stradina sconnessa sarà famosa in tutt’Italia per essere la grande pista ciclabile che corre tutt’attorno al Trasimeno.

Ironia a parte sulla povera pista ciclabile, percorrerla anche tale e quale era un vero piacere. Sfrecciando sulla biciclettina, il caldo di agosto quasi non si sentiva, e si poteva apprezzare molto di più il paesaggio. Tanto più, visto che si trattava del primo giro in bici di quell’anno della Risolartista; aveva atteso quel momento per tutto l’inverno.

I primi chilometri furono accompagnati dal profumo del fieno fresco, raccolto a seccare al sole in enormi balle disperse qua e là. Macchie d’oro comparivano sui prati, contornate dai soliti colli punteggiati di ulivi. L’artista faceva scivolare gli occhi su tutto quello spettacolo di toni ocra, verdi, e argentei, che le guizzavano accanto rapidissimi, come un film proiettato a doppia velocità. Ed era proprio un bel film: era il paesaggio che l’avrebbe avvolta per tutta quella vacanza lacustre appena cominciata. Chissà quante sorprese le aveva preparato quell’anno…

Continuando lungo la pista ciclabile, i due amici raggiunsero presto Monte del Lago, con le sue spiagge affollate di bagnanti e turisti. Malgrado l’ora (erano quasi le sette di sera), ancora pochi erano quelli che stavano tirando su l’ombrellone, intendendo rincasare. In fin dei conti, il sole caldo e dorato invitava a rimanere distesi ancora un po’…

Lasciato anche il Monte, Torricella era ormai vicina. Pochi metri, e il cartello bianco che indicava l’inizio del paese sarebbe comparso sulla destra. Tuttavia, l’attenzione della Risolartista fu catturata da una siepe curiosa, e la gita a Torricella fu rimandata all’indomani…

Più che di una siepe, si trattava di un rovo. Un rovo di generose dimensioni, che costeggiava la pista ciclabile, continuando per forse anche cento metri. Un rovo piuttosto invadente, che si avventurava con i suoi rametti spinosi anche sull’area di percorrenza delle bici. Se non fosse stato il rovo in questione, sarebbe stato bene sradicarlo…

Era, però, un rovo di more. Un rovo pieno, anzi pienissimo, di more grandi e succose. E queste erano un buon motivo per lasciarlo lì dove si trovava, e per invitarlo quasi a proseguire nella crescita.

Appena la Risolartista riconobbe i frutti, la pedalata si arrestò. Anche Leccino pareva d’accordo a concedersi una sosta presso quell’enorme rovo di more.

Un aperitivo al sapore di frutti di bosco era lì lì per cominciare.

Il primo ramo a inaugurare la scorpacciata ospitava una grossa coccinella, che presto fu invitata ad abbandonare il cuscino su cui se ne stava accoccolata. Tale cuscino, infatti, era una mora troppo bella e succosa per essere lasciata a se stessa…

Una dopo l’altra, le palline violacee cominciarono a scomparire dai rametti. Dopo il primo ramo, si passò a un secondo, e poi a un terzo. Certo, bisognava stare attenti: i rovi di more, si sa, sono molto insidiosi, e proteggono i loro frutti con una buona dose di spine. 

Qualche puntura, però, era sopportabile… il premio che si otteneva era sufficientemente gustoso da far dimenticare il dolore.

Erano more di rovo veramente di qualità: il sole del Trasimeno doveva essere miracoloso. Erano grandi, ben mature, e squisitamente zuccherine. La Risolartista non finiva più di raccoglierne…

Oltre che buone, parevano anche dipinte ad arte da un ignoto pittore lacustre. Ce n’erano di violacee molto intense, di porpora un po’ più chiaro, e di color ciclamino, ancora in maturazione. Ogni frutto era diverso dall’altro; solo una cosa era costante: quel violetto che rimaneva sulle mani (e attorno alla bocca), e che sembrava non voler andare via.

 Se l’artista si occupava dei rami più alti, Leccino preferiva i piani bassi di quella dispensa di more in forma di rovo. A ognuno la sua altezza, insomma!

Dopo averne mangiate abbastanza per considerarsi soddisfatti dall’aperitivo, i due amici pensarono bene di raccoglierne ancora qualcuna. Avevano giusto un barattolo vuoto da riempire. Meno male che la Risolartista (previdente) si era messa quel contenitore nello zaino, sperando di poter trovare qualcosa durante la sua avventura in bici…

La speranza, evidentemente, era diventata realtà. E più che realtà. Non avrebbe potuto desiderare qualcosa di meglio, del poter fermare la sua biciclettina fragolosa proprio… dentro a un rovo di more! Chissà che torta squisita ci avrebbero potuto fare con tutti quei frutti violacei appena raccolti…

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