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Il paradiso metafisico dei colli assisani

Tutte le sfumature dell’ocra e dell’arancio in estate, il bruno verdastro dell’autunno, e la candida neve color latte dei grandi freddi. Poi, si ricomincia con una primavera di colli verde brillante, macchiati di papaveri e denti di leone. Non c’è nero a spegnere la gioia, non ci sono nubi ad offuscare i cieli azzurri. Persino quando cadono i cristalli bianchi, par ch’essi vengano gettati giù da un soffitto notturno e sereno.

Questa è l’Umbria del pennello di Norberto, pittore originario di Spello, che ci ha regalato per tutta la sua vita pittorica un’originale prospettiva dei colli attorno ad Assisi. In ogni sua tela, grande o piccola che sia, par esser sempre domenica. Il sole splende, il cielo è limpido, e viene voglia di correre a piede libero su e giù per le dune erbose che affollano la scena. Oppure, perché no, si potrebbe andare a scambiare due parole (o anche solo un sorriso di saluto) con uno di quei fraticelli francescani affaccendati a fare chissà cosa…

Cifra stilistica di Norberto sono, appunto, i frati in saio bianco. Figurini minuti, che ispirano simpatia, con il loro cappuccio appuntito penzolante dietro alla nuca, e una corona di capelli color cioccolato che circonda la testolina rosa. Più che umani, sembrano creature divine… quasi angeliche. C’è chi fluttua tra il cielo e il campo di grano imbiondito, chi è arrampicato sulla scaletta di legno per cogliere le olive mature, e chi impugna la falce per mietere le spighe. Qualunque sia il periodo dell’anno, i frati hanno sempre qualcosa di buono da fare. Ogni momento va colto per ringraziare Dio con il proprio operato, per ringraziarlo di quell’immenso dono che è il suo Creato. Così, i Francescani norbertiani si rimboccano le maniche del saio nei lavori agricoli tipici delle fertili terre attorno ad Assisi, oppure, semplicemente, si dedicano alla contemplazione più genuina della natura. Di tanto in tanto, non mancano coloro che abbandonano il suolo, in volo, elevandosi un gradino più in alto dei  comuni mortali… chissà che prospettiva sulla Creazione divina avranno da lassù!

L’Umbria raccontata da Norberto è reale, ma allo stesso tempo si spinge verso orizzonti superiori, quasi metafisici. I colli che cambiano d’abito a ogni stagione sono gli stessi che si possono ammirare tutt’oggi. E così sono anche i borghi, con quelle case medievaleggianti costruite con pietre e laterizi locali. Certo, nelle sue tele non piove, e non c’è alcuna nota dissonante o negativa che, invece, la vita di tutti i giorni inevitabilmente comporta. E non bisogna pensare che, ai tempi del pittore (in vita fino al 2009), la sua quotidianità fosse tanto diversa. Anzi: proveniva da un retroterra contadino, fatto di sacrifici, rinunce e duro lavoro. Ebbe l’occasione di fare esperienza della vita di città, della Capitale, con tutte le sue luci e ombre. Poi, però, l’indole artistica (ancora inespressa), lo riportò qui, in patria, nella sua Spello amata. E fu proprio lì, ispirato dai colli circostanti, che cominciò a tradurre su tela le sue immaginarie visioni della realtà di campagna. 

… immaginarie, ma neanche troppo. Tutto dipende dalla sensibilità dell’osservatore, da quanto egli sia in grado di lasciarsi inebriare dalla spiritualità gioiosa del Creato. Se si sa cogliere tutta la bellezza che è racchiusa in quel susseguirsi di ulivi, colli e borghi fortificati, i dipinti di Norberto diventano fotografie. In pieno spirito francescano, i suoi paesaggi ci restituiscono il suo personale ringraziamento di quel dono di vita di cui godere già qui, sulla terra, nella contemplazione più pura dell’opera di Dio. 

L’Estate

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