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Joaquín Sorolla e le luci di un pomeriggio al mare

Quando gli occhi e l’animo cominciano a chiamare con insistenza l’estate e i suoi colori, una tela di Joaquín Sorolla può soddisfare questo desiderio. Basta scorgere il suo “Cucendo la vela”, e le atmosfere di un caldo e rigoglioso luglio della costa iberica ci contorneranno con le loro macchie di sole.

Il “pittore della luce”, quale egli è spesso definito, ebbe la capacità di imprimere il bianco della luce dei giorni estivi anche meglio di quanto potessero fare le macchine fotografiche. Agli albori della Belle Époque, quando le invenzioni tecnologiche permettevano sempre più di riprodurre la realtà in modo fedele, egli sfidò la camera oscura con i suoi tocchi luministici straordinari. Non fu un impressionista vero e proprio, bensì un post-impressionista. Uno di quegli artisti che si ispirò ai maestri parigini, reinterpretando la pittura en plein air secondo la sua propria sensibilità. Nel suo caso, il pennello lo guidava in direzione della luce: luce pura, più bianca del bianco. Luce che scolpiva le giornate marittime, luce che dipingeva piccole scene di quotidianità, imbrigliate tra le reti dei pescatori e gli abiti variopinti delle loro mogli gioviali. 

Con queste immagini di colori solari negli occhi, viene da chiedersi come mai Joaquín Sorolla non rientri nel novero dei pittori più noti. In effetti, malgrado egli abbia soggiornato a lungo in Italia, sono pochi nel Bel Paese a richiamarlo alla memoria. Motivo in più per tuffarsi nella retrospettiva sull’autore organizzata a Palazzo Reale, che offre ampi scorci su quella che fu la sua immensa produzione. Più di duemila opere, che vanno dai primi passi di pittura socialmente impegnata, alle sue successive passioni per la luce del mare, e le giornate spensierate in famiglia. Ce n’è abbastanza per vivere la gioia estiva in un unico percorso espositivo…

Se dovessimo inserire Sorolla in una corrente, potremmo attaccargli l’etichetta del “Luminismo”. Dire “Luminismo”, però, può essere ambiguo; Luminismo è anche quello di Caravaggio, ad esempio. Non ci si devono aspettare, qui, i suoi ombrosi fotogrammi cinematografici, bensì luce pura, bianca, che illumina la stanza come fosse una lampadina. Ciò che di “luminista” ha questa pittura, è l’interesse per la luce. Luce interpretata da questo artista spagnolo innamorato del mare.

La mostra, in realtà, non comincia con una passeggiata sulla sabbia, bensì con una toccante scena di prostitute addormentate in un vagone. Per potersi affermare sulla scena pittorica di fine Ottocento, occorreva soddisfare i gusti del pubblico (vero allora, come oggi!). Ebbene, ciò che piaceva, ai tempi, erano soggetti di denuncia, che rappresentassero tematiche forti, di guerra o di sofferenza sociale. Lo stesso Sorolla confidò a un amico “qui, per farsi conoscere e vincere una medaglia, occorre dipingere morti”; capirete dunque il motivo di tutte le tele non esattamente “serene”…

Il clima si distende ben presto davanti all’affascinante “Cucendo la vela”. Più la si guarda, e più ci si innamora di quel patio trapuntato di sole, in cui la luce chiara della costa marittima penetra tra la vegetazione. C’è una vite che si aggroviglia in un angolo; c’è un melograno in fiore; ci sono gerani che spuntano tutt’attorno alla protagonista.

Cucendo la vela

… la protagonista è la luce. O meglio, la vela ricoperta di luce. È nel bianco delle sue pieghe, che ci si può perdere in quel colore così puro e gioioso, che apre la porta del cortile al pubblico astante. Si possono quasi sentire le chiacchiere delle donne che ne cuciono i lembi; dopo aver fatto “visita” a questa casetta di pescatori, già si è soddisfatti di un simile pieno di luci e colori.

E, invece, il percorso continua. Ci porta al mare, sulla spiaggia; per non dire “nel” mare. I bimbi giocano tra le onde, divenendo occasione di studio di superfici bagnate toccate dal sole. I soggetti prediletti dal pittore erano i suoi familiari: la bella moglie, i figlioletti, e qualche pescatore occasionale. Tutti immortalati nel culmine luministico di una giornata estiva: uno stile rapido, non troppo definito, realizzato completamente en plein air, come l’Impressionismo insegnava.

I villaggi marittimi non erano solo sabbia e salsedine. Erano anche giardini… giardini dal profumo provenzale, ricchi di erbe basse, e fiori colorati. L’occasione d’oro per giocare con tocchi di pennello spontanei e fluenti, che definivano le superfici intonacate, lasciando all’impressione dell’istante la vegetazione di contorno. Colpiscono questi contrasti di precisione e approssimazione: la geometria si fonde con l’istinto, come accade quando la luce gioca con la realtà.

Abbandonato il mare, la produzione di Sorolla si sposta oltreoceano, sbarcando in America. Enorme fu il successo laggiù, grazie ai fortuiti contatti con magnati locali. Tra questi, la mostra ci offre la possibilità di incontrarne uno (quasi) di persona: il signor Tiffany, designer e artista lui stesso, figlio del Tiffany che fondò la celebre omonima gioielleria. Dovendo scegliere una seconda tela davanti a cui fermarsi un po’ più, il suo ritratto nel cuore variopinto del suo giardino di Long Island è senza dubbio la decisione migliore. Così allegri i colori, così spontanee le pennellate che tratteggiano ogni bocciolo e ogni minima fogliolina. Si vede tutto e niente; si apprezza l’insieme. Un insieme di luce istantanea e di sentimenti di gioia che dovevano caratterizzare quelle giornate di sole. 

L’ultimo tratto del viaggio nella pittura di Sorolla è dedicato alla Spagna. Gli fu richiesto di indagare nel profondo la cultura del suo paese d’origine, e di riportarla su un impianto compositivo dalle dimensioni impressionanti. Ne derivò un’opera monumentale, in cui emergevano i colori, la vita e le atmosfere di ogni angolo della Penisola Iberica. Toledo con le sue tinte pastellate, le brughiere dell’entroterra, e il popolo locale in abiti caratteristici. Tutto si amalgama e si risolve nella sua amata luce, che immortala dal primo all’ultimo lavoro istanti di vita affascinanti. 

E, così, al termine della sessantesima opera esposta, viene voglia di ricominciare, per rivivere un’altra estate daccapo, magari fermandosi in eterno in quel patio aperto sul mare…

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