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Uno schizzo anche troppo ben fatto: il Cartone della Scuola di Atene

Fin dal 1610 (con una breve pausa di 20 anni), la veneranda Pinacoteca Ambrosiana di Milano ospita un schizzo molto speciale. Normalmente, ci si aspetterebbe che gli schizzi, in quanto disegni preparatori, siano qualcosa di frettoloso e poco definito. Oggi, questa idea è ancor più vera; ieri, però, non era sempre così…

Ci sono giunti alcuni schizzi del passato che possono considerarsi dei veri capolavori. Quello di cui vogliamo parlare qui, è forse uno dei migliori. Potrebbe sembrare strano da dire, ma, quando siamo davanti al cartone della Scuola di Atene, siamo al cospetto di un’opera d’arte di estremo valore…

Non si parla di uno schizzo, né di un disegno preparatorio, ma di un cartone. Cartone, nel lessico dell’ambiente artistico rinascimentale, non era il cartone del latte! Piuttosto, si trattava di un disegno su un supporto cartaceo, in bianco e nero, che riportasse il lavoro definitivo rispettandone le dimensioni reali. Quello in questione, vista la grandezza del risultato finale (una parete della stanza vaticana della Segnatura), fu ottenuto incollando decine e decine di fogli. 

Solitamente, però, i cartoni non erano di grande qualità artistica: erano strumenti di lavoro intermedio, pensati per essere d’ausilio alla pittura su parete, o su tavola. Gli artisti, una volta completato questo disegno, lo riportavano sulla superficie che dovevano dipingere in due modi. Potevano appoggiarlo, e ripassarne i contorni con uno strumento appuntito, così da lasciare il solco sull’intonaco. In alternativa, si utilizzava la tecnica dello spolvero: le figure del cartone venivano tutte bucherellate, così da lasciar passare la polvere di carbone che si spolverava sopra. Ne risultava sulla superficie finale un disegno abbastanza preciso, ideale per procedere con l’affresco o con la tempera su tavola. 

Capitava, come in questo caso, oppure come nel cartone della Sant’Anna di Leonardo, che i maestri dedicassero particolare attenzione alla definizione del disegno su carta. Il motivo poteva essere la volontà di fissare in modo più preciso le loro idee, oppure per far sì che la loro bottega di aiutanti riproducesse i loro progetti in modo più accurato. Vista la complessità della scena della Scuola di Atene, è assai probabile che Raffaello avesse pensato di curare il cartone, così da rendere il risultato finale perfetto in ogni sua parte. Se già era un capolavoro la bozza, chissà cosa sarebbe diventata l’opera definitiva…

Un’altra peculiarità del nostro cartone, è il suo stato di conservazione ottimale. Trattandosi di strumenti di lavoro non destinati all’esposizione, era molto difficile che rimanessero intonsi e presentabili anche dopo il loro utilizzo. Immaginatevi un povero cartone tutto bucherellato, o solcato, come dovesse essere ridotto! Come mai anche questo non è così? 

Il motivo sta nel fatto che, essendo un cartone così grande, era anche piuttosto scomodo da maneggiare. Perciò, fu bucherellato, ma poi riportato non direttamente sulla parete, ma sua altri cartoni intermedi più piccoli, che dovevano servire a lavorare meglio sulle singole parti. Lo spolvero vero e proprio, quindi, non fu realizzato su questo, ma sugli altri da esso derivati, il che permise di preservarne a lungo l’aspetto.

Ora che abbiamo definito il capolavoro raffaellita come si merita, possiamo procedere a scoprirlo nei suoi particolari. Abbiamo a che fare con un disegno di grande pregio, dalla singolare vitalità ed espressività delle figure che ci racconta. Malgrado sia in bianco e nero, o meglio in carboncino e biacca, rende perfettamente l’idea di quelle intense conversazioni di filosofi e scienziati che Raffaello volle mettere in scena nella stanza vaticana. 

Scuola di Atene sta a indicare quel luogo in cui l’artista riunì le grandi menti del pensiero greco, che andavano dai primi pre-socratici, fino ai teorici ellenistici. L’intento era quello di rendere concreta l’idea della filosofia, ossia di una delle quattro discipline che le pareti della stanza della Segnatura avrebbero dovuto ospitare. Dovete sapere che, in origine, l’utilizzo dell’ambiente vaticano in questione era quello di biblioteca. Di conseguenza, non ci poteva essere affresco più adatto di quello indicante le materie di studio principali dell’epoca: filosofia, diritto, teologia e poesia. Così desiderava il committente, papa Giulio II della Rovere, e così Raffaello e i suoi collaboratori procedettero a realizzare. 

Delle quattro, a noi, qui, interessa solo la filosofia, definita come “Conoscenza delle cause”, dal primo moto all’astronomia. Soggetto molto astratto, e decisamente complesso da rendere per immagini. Tuttavia, non ci poteva essere sfida migliore per la mente geniale di Raffaello, che tradusse l’amore per la Sapienza (filosofia) in un’historia monumentale dal carattere grandioso. Grandioso, ma non inarrivabile da comprendere: con un poco di conoscenza della materia, è possibile identificare tutti i personaggi, e apprezzare la finissima traduzione della dottrina filosofica in azioni drammatiche e conversazioni animate. Perciò, riprendiamo in mano i libri di filosofia del liceo (spero ce li abbiate ancora in soffitta), e andiamo a fare conoscenza con gli abitanti della Scuola di Atene. 

A differenza dell’affresco finale, nel Cartone non compare lo sfondo. Raffaello non volle dare indizi sul setting che avrebbe realizzato sulla parete. Se vi recate in visita anche a Roma (dopo aver visto l’Ambrosiana), apprezzerete la cerchia di intellettuali inserita in una sorta di tempio classico, rimasto curiosamente incompiuto. Questa idea di non finito ha un significato preciso, ossia di ricordare all’uomo come ancora non si sia conclusa la ricerca filosofica del Vero. 

Ma rimaniamo sul Cartone, e salutiamo i due protagonisti centrali: Platone e Aristotele, i due grandi esponenti della filosofia greca. Il primo ha il dito alzato, in direzione del cielo, additando al Mondo delle Idee al di là della sensibilità terrena. L’altro, invece, indica la realtà concreta, come per sottolineare la necessità di partire dall’indagine scientifica e dall’esperienza, prima di guardare in alto al mondo sovrasensibile. 

Che cos’hanno in mano? Ciascuno tiene stretta una delle sue opere più importanti: il Timeo per Platone, e l’Etica Nicomachea per Aristotele. 

A sinistra abbiamo Socrate barbuto, intento a discutere con i giovani, tra i quali spicca armato Alcibiade. I suoi seguaci stanno cacciando dalla scena i poveri sofisti, da loro decisamente disprezzati in quanto “rivenditori interessati di idee e di libri”. 

Quello che ha la testa cinta di pampini è il poeta Orfeo, che sorregge un libro sulla base di una colonna. Significa che tutto il tempio della filosofia greca si basa sul pensiero orfico, da lui personificato. Dicono che, se lo guardate bene in faccia, vi possiate riconoscere il bibliotecario del Vaticano che aveva aiutato Raffaello a mettere a punto il suo eruditissimo progetto.

Accanto al padre dell’Orfismo, ci sono Pitagora (seduto in primo piano) e un giovinetto molto bello vestito di bianco, che rappresenta l’ideale greco del bello e buono. 

Il filosofo in piedi con il libro aperto pare sia Empedocle; mentre quello isolato quelle scale è senz’altro Diogene, celebre per il suo rifiuto di ogni bene terreno. 

A destra, c’è un uomo che misura con il compasso una tavoletta: è Euclide (con le fattezze di Bramante), autore della celebre geometria che ancora oggi si studia a scuola. Ci sono, poi, due soggetti coni in mano dei mappamondi; Tolomeo ha la Terra, mentre Zoroastro ha il globo celeste.

Tutti i soggetti appena descritti sono presenti tanto nel cartone, quanto nell’affresco. Così come li aveva pensati, Raffaello li riprodusse con i suoi meravigliosi colori, portando in vita la Scuola di Atene che ancora oggi si ammira in Vaticano. Per non farsi mancare nulla, vi aggiunse qualche altro personaggio extra, tra cui il suo stesso autoritratto, quasi fosse lui stesso nella lista dei grandi filosofi…

… Filosofo forse non lo era, ma artista di estrema maestria senza alcun dubbio. Solo un genio come Raffaello sarebbe stato in grado di riunire in una sola parete i secoli del pensiero greco, mettendoli a dialogare tra loro, come fossero amici (e nemici!) compagni di scuola.

Scuola di Atene

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