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Il Gatto Cappelletto

E la sua marmellata di Albicocche

Ehi… guardate quassù, in alto, sopra il la casa della piazza che guarda il lago!

… Non mi vedete?! Sono quella macchia color marmellata di albicocche a forma di gatto!

… Va bene: ho capito. Adesso scendo giù da voi a presentarmi come si deve.

Piacere di conoscervi, sono il Gatto Cappelletto, o, come mi conoscono qui, il gatto color marmellata di albicocche del paese.

Sono quell’esemplare di felino dal pelo rosso-arancio (giusto come la marmellata di albicocche), che tutte le mattine alle sei (puntualissimo!) potete osservare in cima al tetto da cui sono appena sceso. Che cosa ci faccio lì ogni giorno? Lo scoprirete a breve, tranquilli.

Intanto, lasciatemi cominciare con la marmellata. E’ da questa, infatti, che a noi gatti sanfelicianesi è stato chiesto di partire per la nostra presentazione…

La mia marmellata preferita di Bussolini è quella di albicocche. Se mi piace farmi chiamare gatto color marmellata di albicocche, un perché ci deve essere! E c’è eccome: si tratta del contenuto arancione di quei barattoli che hanno una bella albicocca dipinta sull’etichetta. Un contenuto dolcissimo, che rievoca ogni volta nella mia memoria felina quei bei frutti vellutati che mi posso gustare in estate. Va da sé che le albicocche siano il mio frutto prediletto; purché siano di qualità. Ad oggi non sono ancora certo di quale varietà usino i signori produttori della mia marmellata. Tuttavia, se vi dovessi dire quella che preferisco (che mi ha fatto scoprire proprio la Risolartista), vi citerei le squisite albicocche di Valleggia, che crescono solo in un piccolo paesello della Liguria. La Nonna Ginia (la nonna della Risolartista) ne è appassionata quanto me. Merito suo se, una delle ultime volte che la sua nipotina è venuta qui, me ne ha potute portare qualche chilo da assaggiare. Da allora, ho scoperto la mia varietà di albicocche preferite!

Da questi brevi cenni sulle albicocche, avrete capito che sono un gatto buongustaio, e dal palato raffinato. In effetti, per i miei pranzetti cerco solo il meglio che si possa trovare nei dintorni, e mi diverto a curiosare in ogni angolo delle rive del Trasimeno alla ricerca di curiosi ingredienti. Ogni volta che la Risolartista ha intenzione di andare a caccia di qualche nuovo prodotto gourmet (come mi piace definire le delizie rare e prelibate), sono sempre pronto ad accompagnarla alla scoperta.

…sempre che io non sia impegnato in altri compiti più importanti, ovviamente.

Vii trovate, infatti, al cospetto di un gatto molto particolare. Un gatto che definire essenziale per la sopravvivenza dei gatti e degli umani del paese sarebbe riduttivo. Il motivo sta tutto nel duplice incarico che mi trovo a svolgere quasi quotidianamente.

Al mattino presto sono il Prefetto dell’Annona di San Feliciano, e allo scattare del mezzogiorno divento cuoco della comunità felina locale. Andiamo con ordine, e vi spiegherò tutto…

Cominciamo con il mio ruolo di Prefetto dell’Annona. Per chi fosse stato assente alle lezioni di storia dell’Antica Roma, vedrò di ripassare l’argomento. 

Il Prefetto dell’Annona, in breve, è colui che si occupa di assicurarsi che un villaggio sia sempre rifornito di tutto il cibo necessario alla sopravvivenza degli abitanti. Il che, tradotto in termini adatti al contesto di San Feliciano, vuol dire controllare che tutti i rifornimenti di prodotti commestibili arrivino sani e salvi (e in orario!) sugli scaffali di Bussolini. 

Voi tutti (tranne la Mamma Monica), che alle sei del mattino ronfate tranquilli, non vi accorgete di tutto ciò. Tuttavia, fin dal levar del sole, la piazza del paese è un fermento unico di furgoni e furgoncini che arrivano a consegnare la roba da mangiare. Ogni giorno, poi, ci sono fornitori diversi, che seguono un complicatissimo calendario settimanale. Potete immaginarvi quanta confusione si rischi di fare…

C’è il giorno del latte, quello dei biscotti, delle uova, e della pasta. Frutta e verdura arrivano a rate pressoché tutti i giorni, esattamente come il pane. 

Giusto il pane è ancora più complicato: ci sono due fornai del vicino paese di Magione, il Signor Perella e il Signor Angeletti, che sfornano quotidianamente vari tipi di filette (come qui chiamano la ciabatta), focacce e pizzettine. Non sapete quante volte capita che si dimentichino di caricare certe pagnotte, lasciando metà paese a bocca asciutta…

Insomma, il rischio che i paesani si ritrovino senza uova, senza latte, o senza marmellata albicocche (non sia mai…!) è piuttosto alto. Tanto più, visto che alle sei del mattino sono tutti assonnati. 

Per fortuna ci sono io, che da bravo Prefetto dell’Annona sorveglio dall’alto del mio tetto (ora capite che cosa ci facevo lassù) ogni carico e scarico. Tutti i giorni dell’anno, domeniche e festivi compresi. Sono davvero un gatto essenziale per tutto il paese…

Passiamo alla mia seconda professione, ossia a quella di gatto cuoco. 

Si deduce facilmente dalla mia attenzione ai prodotti che vengono riforniti, che io conosca bene la materia. Infatti, non sono solo esperto di albicocche, ma di quasi ogni ingrediente che si possa trovare nei dintorni del Trasimeno, e anche ben più lontano.

Chiedetemi un’informazione sui prodotti tipici, e riceverete una risposta più che dettagliata. Fagiolina del Trasimeno, Aglione della Valdichiana, Pecorino di Norcia invecchiato: sono tutti nomi che ricorrono nel mio vocabolario quanto per voi lo è la pasta.

Il merito della mia cultura gastronomica locale, così come dell’abilità culinaria, va tutto al Signor Settimio e alla Risolartista. Mentre quest’ultima penso la conosciate, il primo invece no. 

Il Signor Settimio è l’originario proprietario del Ristorante Da Settimio, che si affaccia giusto giusto sulla riva del Trasimeno, appena lasciata la piazza. Le specialità del suo menu vedono da sempre come protagonista il pesce di lago, tuttavia, il Signor Settimio era più che pratico anche di altro. 

Sono sincero: non l’ho mai conosciuto di persona. I suoi appunti e diari, però, li ho letti tutti e studiati a memoria, imparando perle gastronomiche di ogni genere. I suoi successori nella cucina del ristorante, poi, mi hanno insegnato ogni tipo di tecnica di cottura, dal court bouillon, al bagnomaria. Ho fatto pratica per anni da loro, imparando a preparare deliziosi pranzetti per tutta la comunità dei Gatti di San Feliciano. 

Dovete sapere che qui, i suddetti gatti, non sono molto abili in cucina. Piuttosto che mettersi ai fornelli, preferiscono rimediare qualche lisca nel cassonetto della spazzatura. Meno male che ci sono io, che mi preoccupo della loro dieta e della loro salute. Ogni giorno, a pranzo o a cena (a seconda degli impegni), provvedo a cucinare loro un pasto caldo e dignitoso. Il pesce di lago va per la maggiore (facile intuirlo), ma nessuno rifiuta mai i miei famosi cappelletti in brodo.

Proprio dei cappelletti voglio adesso parlarvi. Non mi chiamerei Gatto Cappelletto, se non sapessi fare i cappelletti! 

Da chi e quando ho imparato a farli? Semplice. Dalla Signora Adri (una delle venerande matrone del paese), quando ancora ero uno scricciolo di micio. Mi piaceva tanto infilarmi nel suo giardino, e accoccolarmi all’ombra, sul davanzale della cucina. La vedevo quasi tutti i giorni preparare quei misteriosi fagotti di pasta ripiena di carne (i cappelletti, appunto), con una manualità da artista. Cominciava al mattino presto, cuocendo la carne, poi triturandola fine fine, e unendola al resto per fare il ripieno. Poi, a una certa ora, si metteva a impastare. Impastava energicamente, ottenendo una sfoglia ogni volta più gialla e profumata (il profumo delle uova fresche arrivava fino a me!). Quindi, dopo un’oretta di riposo, la stendeva sottile, e ne ricavava tanti pezzetti, che poi chiudeva attorno a una noce di ripieno con l’inconfondibile forma del cappelletto. Aveva un tocco nel chiuderli davvero invidiabile! Per anni ho tentato di imitarla, ma ancora ammetto di non essere al suo livello.

Esattamente come la Signora Adri faceva (e fa tutt’oggi), così anche io mi diletto di fare nella cucina della mia casetta. Il risultato (i commensali felini e umani confermano) è ormai sempre eccellente!

Oltre ai cappelletti, però, so fare anche molto altro. Se stessi qui a enumerarvi tutte le ricette che conosco non finirei più. Vi basti sapere le mie migliori aree di competenza (così se avete bisogno, sapete di poter contare su di me). 

La cucina lacustre di pesce non conosce segreti per me; il mio mentore è il Signor Settimio, che già vi ho citato poco fa.

Subito dopo vengono i piatti di carne e cacciagione locale, che tra i colli del Trasimeno si preparano per tutto l’inverno. Qui la voce sapiente che mi ha fatto da insegnante è ancora quella della Signora Adri. Merito dei suoi ricettari (scritti in dialetto perugino stretto), che con il tempo ho imparato a leggere (e tradurre dal perugino) e studiare con cura.

Terza fonte di cultura gastronomica è la Signora Ginia, ossia la nonna della Risolartista. Malgrado non l’abbia ancora incontrata di persona (spero sempre che, prima o poi, venga qui a trovarmi!), ho avuto occasione di apprendere molte sue tecniche e ricette. Essendo al corrente della mia passione per la cucina, la Risolartista mi porta spesso qualche fotocopia dei preziosi ricettari e appunti della suddetta Signora Ginia. In questo modo, posso dire di essere diventato un gatto cuoco competente anche il materia di tradizioni lombarde, liguri e valdostane: le tre regioni di abituale frequentazione della Signora Ginia. Avere una simile cuoca (a distanza) disponibile a condividere i suoi segreti è una grande fortuna. Soprattutto per un gatto di provincia…

E con il narrarvi le mie doti culinarie penso di aver concluso la mia presentazione. Ormai sapete tutto di me. 

Sapete quanto mi piacciano la marmellata di albicocche e le albicocche di Valleggia. 

Sapete quanto io sia essenziale per la sopravvivenza del paese, sia come Prefetto dell’Annona, sia come cuoco. 

Sapete persino quali siano i miei piatti forti, e su quali tradizioni regionali potete interrogarmi a vostro piacimento.

… Posso solo salutarvi, e invitarvi da me a fare insieme i cappelletti quando avrete voglia. Suonate in quella casetta a misura di gatto nascosta dietro il ristorante Da Settimio, e verrò ad aprirvi già con cappello e grembiule da lavoro!

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