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Conoscendo le Olivastre

illustrazione olio d'oliva le olivastre

Fu la Dolce Upupa Agogia a far scoprire le Olivastre alla Risolartista. Da uccellino esperto di uliveti e olio d’oliva, era una voce piuttosto competente in materia. Tanto più, visto che dalla primavera di quell’anno aveva cambiato casa, costruendo il suo nido proprio tra i rami di un ulivo salvato e curato dalle suddette signore. 

… Chi erano le Olivastre? Che cosa c’entravano con gli uliveti? Domande lecite, che si meritano una risposta. Domande che, quando sentì parlare per la prima volta delle Olivastre, spuntarono anche sotto il ciuffo biondo della Risolartista. Motivo per cui si convinse a seguire l’amica Upupa alla scoperta di queste misteriose olivicoltrici…

Tutto cominciò con una necessità: bisognava andare a comprare l’olio. Solo un misero quarto di bottiglia era rimasto nella casetta lacustre, e non si poteva rischiare di ritrovarsi a secco, e costretti a ricorrere a quello industriale del supermercato. Essere senza olio (buono) nella terra dell’olio (buonissimo), e con un amico Bassetto produttore di olio (ancora più buono) sembrava una barzelletta. Troppo assurda come situazione per farla diventare realtà.

Dunque, la Risolartista se ne uscì alla ricerca di una lattina di olio extravergine d’oliva lacustre che fosse degno di tal nome.

Era partita con l’idea di recarsi al solito frantoio, e di tornarsene a casa con la solita lattina ben nota; tuttavia il corso degli eventi (e l’olio) prese una nota fruttata differente…

Merito (o colpa) della Dolce Upupa Agogia, come già accennato. Mentre l’artista sfrecciava sulla sua biciclettina fragolosa in direzione di Monte del Lago, incontrò l’amica pennuta che procedeva nella direzione opposta. Aveva una bella bottiglietta d’olio appesa al becco, e un biscotto sopra la testa. Pensate alle dimensioni medie di un’upupa (piuttosto ridotte), e capirete come mai subito la Risolartista si fermò, chiedendole se avesse bisogno di un aiuto per il trasporto. In effetti, la bottiglia era piuttosto pesante…

Ritrovandosi quella bottiglia tra le mani, non poté fare a meno di notarne l’etichetta curiosa. “Le Olivastre”, dicevano le letterine violette, stampate con un bel carattere su uno sfondo giallo-verde. Già i colori la ispiravano tantissimo… immediata fu la domanda sulla provenienza di quella misteriosa bottiglia. 

L’Upupa Agogia, contentissima di farle fare conoscenza con le sue amiche Olivastre, la invitò a seguirla in direzione di un uliveto speciale…

La Risolartista accettò con pari (se non doppio) entusiasmo: era certa che quel giorno avrebbe portato a casa la sua lattina d’olio proveniente da un posto ben diverso dal solito. Cambiare, si sa, fa sempre bene!

La pedalata fu piuttosto lunga, ma alla fine condusse a destinazione: l’uliveto di San Crispolto, su per il colle vicino a Passignano. Lungo la strada, la guida pennuta non mancò di anticipare qualcosa sulle sue amiche olivicoltrici che stava per farle conoscere…

L’uliveto di San Crispolto era un vecchio uliveto, della rara e pregiata varietà Dolce Agogia (proprio come l’amica Upupa), che era rimasto abbandonato per anni e anni. Poi, un giorno, un’aspirante olivicoltrice aveva deciso di riportarlo in vita. Fu il primo passo di quella che divenne presto l’opera d’arte (in forma di organizzazione no profit) delle Olivastre. 

Un’opera d’arte fatta prima di tutto di duro lavoro tra gli ulivi da recuperare, potare e curare per benino. I colli del Trasimeno, infatti, erano troppo belli per essere lasciati lì a se stessi, improduttivi e incolti. Era necessario che qualcuno tornasse a prendersene cura, riconoscendo l’importanza di quel paesaggio da valorizzare e promuovere. 

Un’opera d’arte che si tradusse presto anche in produzione di olio, spremuto a freddo in un frantoio tradizionale di Tuoro, a due passi dal Lago. Olio buono davvero, fatto solo con le olive Dolce Agogia coltivate in quel vecchio uliveto finalmente recuperato. 

Dopo i primi passi solitari, l’Olivastra fondatrice fu presto raggiunta da due nuove compari, che decisero di sporcarsi a loro volta le mani tra i rami d’ulivo. 

E le tre Olivastre cominciarono a camminare insieme, sempre più lontano.

Dopo il primo uliveto recuperato, passarono poi a estendere il loro desiderio di far rivivere i colli, allargando di conseguenza anche la produzione del loro olio. La Dolce Agogia rimaneva la loro varietà prediletta, ma anche il Leccino, il Moraiolo, e il Frantoio (altre varietà di olive) si meritavano tutte le loro cure.

Come potevano farcela da sole? Semplice: sole non erano affatto! La loro era un’opera d’arte da fare in compagnia, con soci volontari che potevano unirsi, e dare a loro volta una mano. Pensate che era possibile persino adottare un ulivo per un’anno, e riceverne i frutti (in forma di bottiglie di olio) al termine dell’annata…

Le declinazioni del loro capolavoro oleario, però, non finivano lì. Anzi, avevano una gran voglia di crescere ed espandersi, toccando mete ancor più curiose e inaspettate. Per esempio, avevano di recente acquistato un bel furgoncino, con cui gironzolavano per strade e mercati a vendere i loro prodotti.

Prodotti che, se inizialmente erano solo olio, divennero poi olio… e derivati. Sapone all’olio, biscottini all’olio (come quello che l’Upupa, mentre raccontava tutto ciò, si stava mangiucchiando), e persino cioccolata all’olio. In più, se vi capitava di incontrare il furgoncino all’ora di pranzo (o dell’aperitivo), era molto probabile che vi proponesse di assaggiare le loro focacce, o i loro tortini. Tutti stuzzichini fatti con il loro prelibato olio lacustre, preparati e sfornati nella cucina di una delle tre Olivastre… l’Olivastra-cuoca!

Infine, c’era la parte istruttiva della loro opera d’arte; quella che voleva diffondere i frutti dell’ulivo anche in colli “stranieri” altrui. L’idea era, da una parte, di insegnare a chi si ritrovava un uliveto come giardino (e non era pratico sul come usarlo) a renderlo produttivo e rigoglioso. Dall’altra, invece, non mancava la volontà di coinvolgere piccoli e grandi curiosi, desiderosi di farsi una passeggiata sotti i rami degli ulivi secolari, o di cimentarsi nella produzione di olio (e derivati) con le loro mani.

Insomma, la storia delle Olivastre era già una fiaba di per sé; chissà come sarebbe stato incontrarle di persona…

Tra un cinguettio e l’altro, la Dolce Upupa Agogia aveva intrattenuto la Risolartista per tutta la salita (piuttosto faticosa!), conducendola a destinazione. Ecco finalmente l’uliveto di San Crispolto in tutto il suo fascino secolare.

Se non avesse avuto una lattina d’olio da conquistare e portare a casa prima di pranzo, la ragazzina si sarebbe subito messa a correre tra le chiome argentee, assaporando ogni loro sfumatura di colore. La sua prossima visita avrebbe certo avuto quello scopo…

Quella mattina, però, voleva fare conoscenza delle tanto citate Olivastre, e farsi dare il loro olio da assaggiare. 

Non ci volle molto per trovare la prima: era giusto di ritorno da un ulivo a cui aveva appena dato una necessaria potatina.  

Ecco, dunque, la Signora Antonella, in tutta la sua aura da olivicoltrice assai pittoresca. Alla Risolartista ispirò subito simpatia; e la cosa pareva reciproca…

Dovete immaginarvela a metà tra una contadina umana, e una creatura silvestre. Dovete pensarla con un vestitino svolazzante, gonfiato dal vento, che rincorreva le ciocche biondo-argentee dei capelli. Assimilarla a un ulivo non era una pazzia… tanto più, visto che era tutta piena di rami e foglioline impigliate qua e là, compreso quel mucchio appena tagliato dalla pianta.

Davvero pittoresca.

Poche parole, e i due spiritelli creativi, uno artista e uno olivicoltore, fecero conoscenza, scoprendo addirittura di essere lontane parenti. Il Babbo Antonello, infatti, faceva da tramite di legami familiari un po’ con tutti in paese… e la Signora Antonella (con grado non ancora ben definito) non faceva eccezione!

Era dunque anche il sangue etrusco ad accomunare quelle due anime pittoresche, che avevano presto cominciato a parlottare di olio e di ulivi. 

Parlottio, dopo parlottio, si era fatto quasi mezzogiorno! Se non si sbrigava, la Risolartista sarebbe arrivata a casa tardi per pranzo, e magari anche senza olio…

Era il momento di giungere al dunque: aveva bisogno di una lattina d’olio. La visita all’uliveto (che la Signora Antonella le aveva gentilmente proposto di fare) e la conoscenza delle altre due Olivastre sarebbero state rimandate alla prossima visita. Anche perché queste ultime due non si facevano vedere nei paraggi… chissà a quale albero del colle stavano armeggiando!

L’artista non perse altro tempo, e chiese alla sua nuova amica e mezza parente di poter assaggiare un po’ del loro olio prodotto l’anno prima (vi ricordo che era agosto). L’Olivastra sarebbe stata molto contenta di darglielo subito, se non fosse stato per un piccolo problemino…

Tutte le scorte di lattine di olio erano giù a San Feliciano, nel deposito di casa sua. Lì all’uliveto non aveva proprio nulla da darle.

Che peccato… sarebbe davvero tornata a casa senza nemmeno una goccia d’olio…

Per fortuna, alla Dolce Upupa Agogia (che era rimasta lì appollaiata su un ulivo per tutto il tempo) venne un’idea. In lontananza vedeva parcheggiato il furgoncino-chioschetto della Signora Antonella: avrebbe potuto accompagnare la cliente artista a recuperare una lattina, e poi condurla a casa per pranzo! 

Sembrava una cosa fattibile… in carrozza, dunque!

A dir la verità, era ben più di una carrozza quella. Era un furgoncino degno di un racconto di fantasia. Era un furgoncino bianco, pieno di righe color violetto e giallo-verde… il colore delle olive, insomma. Era un furgoncino che non solo trasportava olio e delizie derivate, ma che le poteva anche esporre in bella mostra, come fosse un banchetto da luna park. Se ne vedevano tanti rappresentati tra le pagine delle storielle per bambini di qualche anno fa; quello era un esempio in carne e ossa.

… e la sua guidatrice, poi, non era da meno.

In un baleno, le due quasi parenti furono in paese, e la lattina da tre litri di olio extravergine d’oliva del Trasimeno in tutta la sua magnificenza fu consegnato e pagato. L’acquisto era avvenuto, e la Risolartista poteva tornare a casa soddisfatta. Quel giorno, a pranzo, avrebbe potuto condire l’insalata con quel prezioso nettare verdolino di Dolce Agogia, vivamente consigliato dalla Dolce Upupa Agogia.

Era stata proprio una buona idea, quella di provare un nuovo olio lacustre. L’aveva portata a scoprire una nuova sfumatura di sapore, un nuovo uliveto, e, soprattutto, delle nuove olivicoltrici. Non capita tutti i giorni di conoscere olivicoltrici pittoresche come le tre Olivastre…

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