Toc.
… Toc toc.
Qualcosa aveva improvvisamente rimbalzato sulla testolina piumata della Gallina Deruta. Cosa poteva essere stato? Certo, niente di extraterrestre: non vi erano simili stranezze nel suo bel giardinetto sicuro e accogliente. Sappiate subito che si trattava di una ciliegia; e di una ciliegia bella grossa e matura. Anzi, a dir la verità, era una coppia di ciliegie: motivo per cui il suono non era stato singolo, ma doppio, se non triplo. Insomma, si era trattato di quell’insolita (quanto comica per l’osservatore esterno) situazione in cui capitava di passare sotto un’albero, così per caso, e ci si ritrovava con un bernoccolo in testa, per qualcosa di precipitato dall’alto. Se la vedete dal punto di vista di un umano, vi viene solo da sorridere; ma pensate a una gallina. Pensate a una gallina, che è ben più bassa di un umano, ben più piccola, e, aggiungerei, ben più timorosa.
Ecco. Proprio questo era accaduto in quel giorno di metà maggio alla Gallina Deruta. Era mattina presto, giusto giusto dopo l’ora di colazione. C’era una bella arietta fresca, e un sole già tiepido, che annunciava una giornata di bel tempo: l’ideale per passeggiare un po’ in cortile. Seguendo questa ispirazione, la nostra amica aveva lasciato il pollaio, dirigendosi verso quel lato della casa dei padroni accanto a cui sorgeva il frutteto. I suoi umani andavano molto fieri di quel posto, che, ogni anno, offriva doni colorati e saporiti a tutto il vicinato. Eh sì: c’e n’era in abbondanza per chiunque ne volesse una manciata (si sa che quando la frutta matura, lo fa sempre tutta insieme!); il restante, era destinato alla marmellata. C’erano albicocche, pesche, fichi e… ciliegie. Queste ultime erano le prime a dare inizio al banchetto di frutta estiva.
Deruta adorava ogni singola varietà di quelle elencate: ogni volta che ne assaggiava una, le uova colorate la mattina seguente erano garantite. Vi ricorderete, infatti, che la nostra gallina era capace di deporre ovetti variopinti, ogni volta che mangiava un frutto o una verdura di suo particolare gradimento. Immaginatevi che sfumature potevano nascere dalla buccia di una pesca ben matura…
Come tutti nel vicinato, anche lei attendeva con ansia la maturazione delle ciliegie. Ogni giorno scrutava attentamente quelle palline rosse, sperando che, sentendosi osservate, facessero più in fretta a maturare. Fatica vana: fino al giorno precedente, a causa della temperatura insolitamente fredda per quel periodo, non un frutto si era staccato dal ramo.
E poi, quella mattina, ecco l’inizio del “tempo delle ciliegie”. Improvviso (anche troppo, visto il dolore alla testa che ancora sentiva…!), quanto desiderato. La gallina doveva proprio ammettere di non esserselo aspettato: ormai, aveva perso le speranze per quell’anno. Merito del sole del pomeriggio precedente, che, anche se in ritardo rispetto agli altri anni, aveva fatto il suo dovere.
Ora, però, il dovere passava nelle zampe di qualcun altro. Una volta mature, quelle belle ciliegie, andavano pur raccolte!
Di solito era la sua padrona a occuparsene personalmente: quella cara signora adorava godersi il momento della raccolta delle ciliegie. Prendeva la scaletta di legno, la poneva accanto all’albero, e cominciava a staccare delicatamente i frutti. Uno per uno. Tutti cadevano nel cestino di vimini, appoggiato accanto alla pianta, sufficientemente basso perché anche la sua amata Deruta potesse favorire.
Quell’anno, però, oltre al tempo freddo e pigrone, c’era anche un altro problema. La suddetta padrona, infatti, era a letto con il mal di schiena da qualche giorno: impossibile per lei mettersi a raccogliere le ciliegie.
Invano, la gallina tentò di dare delle beccatine al tronco dell’albero. Dieci minuti di sforzi, e una misera pallina (anche acerba!) cadde da un ramo già danneggiato dal vento. Così non poteva funzionare…
Occorreva chiamare i rinforzi, se voleva fare la sua solita scorpacciata di ciliegie (con conseguenti uova dipinte di rosso). Tanto più che i frutti appesi ai rami erano così numerosi, e tutti quasi maturi!
Deruta zampettò fuori dal giardino, dirigendosi verso il centro del paese. Interrogandosi su chi potesse darle una mano, aveva subito pensato a una persona. La Risolartista. Nessuno era più bravo di lei (tra gli umani dei dintorni), nell’arrampicarsi a raccogliere frutti colorati. Merito del fatto che era ghiotta e agile allo stesso tempo! E, poi, era alta a sufficienza per raggiungere i rami più alti… con l’aiuto della scala, ovvio. Quello strumento essenziale, certamente, la sua padrona l’avrebbe messo a disposizione volentieri.
Arrivata al giusto indirizzo, la gallina svolazzò quel tanto necessario a suonare al citofono. Subito rispose l’artista, che, quella mattina, non aveva proprio nulla di interessante da fare. Davanti alla richiesta di aiuto per raccogliere le ciliegie, accettò senza neanche riflettere un momento. Corse a prendere un paio di cestini, e fu a seguito dell’amichetta in direzione del frutteto.
Era davvero un albero meraviglioso. Era pienissimo di frutti (dalla prospettiva di una ragazzina era molto più bello che da quella limitata di una gallina), e sembrava chiedere di essere immortalato in un dipinto. Meno male che la Risolartista si era portata il suo blocco da disegno, con tanto di pastelli colorati! Mentre Deruta andava in cerca di qualche altro uccellino volante che desse una zampa, lei ne approfittò per disegnare.
Finito il capolavoro (chiedetele di mostrarvelo, quando vi capita!), andò a recuperare la scala dalla padrona di casa: sarebbe stata necessaria per arrivare fino in cima. La signora, a vederla così volenterosa di dedicarsi alla raccolta al posto suo, fu molto felice della cosa. Almeno, anche quell’anno, qualcuno avrebbe potuto godersi quel lavoro così divertente (e gustoso!).
La raccolta ebbe inizio. Scaletta assicurata sul prato, cestini ancora vuoti, ma pronti per essere riempiti di ciliegie. E l’’artista non era più sola: c’erano Deruta, Acacia, e persino Bottondoro, che aveva preferito le ciliegie ai nuovi gingilli della solita vetrina.
La prima ciliegia fu conquistata. Delicatamente staccata dalla manina sinistra dell’artista, fu posta al centro della cesta ai suoi piedi. A Deruta, la padrona di casa, fu concesso l’onore dell’assaggio.
Che sapore squisito! Che sinfonia di note dolci, zuccherine, che racchiudevano tutta l’anima di maggio. Chissà che belle uova colorate di rosso vermiglio avrebbe deposto l’indomani…
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