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Una torta di mele

Quattro passi in direzione della campagna, e le gocce di pioggia avevano subito cominciato a cadere. La Risolartista avrebbe tanto voluto prolungare il suo giretto pomeridiano, ma il tempo non voleva saperne di collaborare. In breve fu costretta a rinunciare, e rincasò zuppa dalla testa ai piedi; potete capire bene la sua tristezza, oltre alle calze che dovevano essere proprio strizzate…

Una doccia, un po’ di tepore dato da una tazza di tè, e la ragazzina si chiuse in camera, in solitudine. O meglio, in compagnia solo della noia! Sfogliando un vecchio libro di cucina, capitombolò su una pagina dall’illustrazione di un invitante plumcake alle mele. Poteva essere un’idea per ingannare il tempo, in attesa della cena, e per cercare di rallegrare almeno un pochetto quel pomeriggio troppo grigio e piovoso. 

Iniziò allora a scorrere gli ingredienti: farina, zucchero di canna, mele. Questi non mancavano certo in casa, soprattutto le mele. Anzi, ne aveva anche troppe. Il venerdì precedente, al mercato, si era lasciata ingolosire (come al solito…), e ne aveva comperate una montagna. Non c’è bisogno di dire che la maggior parte se ne stava ancora stipata nella credenza. 

Poi, cosa serviva d’altro? Lievito, scorza di limone, cannella, un po’ di burro: tutto compariva sul tavolo, a mano a mano che scorreva la lista. Accanto al barattolo della cannella, l’occhio le cadde su un bel pacchetto gonfio di uvette secche. Quanto le avrebbe volute aggiungere all’impasto! La ricetta, però, non le prevedeva. Meglio attenersi alle regole, per una volta, e trattenersi dagli sprizzi creativi (dovete sapere che si lasciava prendere troppo spesso dalla sua vena creativa, finendo per rendere le sue torte ben poco commestibili…). Infine, servivano le uova. Due uova. Aveva saltato apposta quel punto (fondante!), preferendo lasciarlo per ultimo. Non era affatto sicura di avere in casa delle uova: il giorno prima se le era mangiate tutte in una frittata, e ancora la mamma non era andata a fare la spesa. In effetti, di uova non se ne vedeva l’ombra. Né in frigorifero, né tantomeno dimenticate in qualche angolo della cucina. Certo, una torta di mele senza uova proprio non si poteva fare! E, per di più, non si poteva nemmeno pensare di andare a recuperarne giù al negozio: era giovedì pomeriggio, ossia giorno di chiusura pomeridiana. Pioveva troppo anche per fare visita a qualche generoso contadino.

Senza troppi giri di parole: niente uova, niente torta. Solo noia, pioggia, e grigiore. Sconsolata, la Risolartista abbandonò tutti gli ingredienti sul tavolo accanto alla finestra, con tanto di libro di cucina lì aperto, e se ne tornò in camera.

Casualmente, in quel pomeriggio di pioggia, il Gatto Cappelletto aveva pensato bene di rifugiarsi sotto la sporgenza del tetto di quella casa in cui era avvenuto quel vano tentativo di torta. C’era infatti un balconcino proprio comodo, su cui si apriva la finestra della cucina. Immaginatevi che goduria, quando la mamma preparava i suoi manicaretti, e lasciava quella finestra socchiusa. Profumi, aromi, e, a volte, persino qualche piatto sufficientemente vicino per essere assaggiato senza farsi scoprire. 

Quel giorno, però, forse a causa della pioggia portatrice di tristezza, nemmeno la mamma si era ancora messa ai fornelli. Il gatto si era ritrovato, invece, di osservare l’artista intenta a preparare qualcosa. O meglio, a tentare di farlo. Non aveva finito di tirare fuori tutti gli ingredienti, che già aveva rinunciato all’impresa. Chissà come mai… 

La finestra era aperta, nessuno in vista… valeva la pena di entrare e indagare sull’accaduto. Da felino esperto di cucina (ricorderete che aveva una cuoca provetta come padrona), non gli ci volle molto per avere chiara la scena. Niente uova, niente torta. 

Per fortuna, però, lui, le uova, ce le aveva! E in abbondanza. Tante quante le mele che svettavano nella cesta sulla tavola. Malgrado la pioggia, si fece coraggio e balzò fuori allo scoperto, attraversato la piazza del paese, fino alla sua casa. Anche lì, finestra aperta, e una ciotola colma di ovetti deposti giusto quella mattina. Opera della Gallina Deruta, senza dubbio (la sua padrona era molto amica della signora proprietaria della gallina in questione!). Ne prese un po’, e zampettò di nuovo nella cucina della Risolartista. Per la sua amica, un’inzuppata di pioggia era di dovere!

Tornato all’asciutto, si diede una scrollata e cominciò a mettersi all’opera. 

Uova, zucchero, scorza di limone e cannella nella ciotola; una frullatina, e poi via con la farina e il lievito. Intanto, attirato dal trambusto (e in fuga dalla pioggia), anche il Gatto Grifolatte si era avvicinato al balcone. Sentendo parlare di torta, e con la speranza di ottenere un pezzetto del risultato, decise di contribuire. Subito fu dirottato dal gatto cuoco a pelare e tagliare le mele con i suoi artigli. 

Quando anche la frutta a fettine fu unita al composto, non sembrava un gran che. Cappelletto aveva forse sbagliato la ricetta? … tutto tornava. Strano. Si vede che non era un grande manuale di cucina…

La torta, però, andava salvata. L’impasto aveva l’aspetto troppo asciutto. Forse un goccio di latte avrebbe migliorato la situazione. Detto fatto: il Gatto Grifolatte, in materia di latte, non aveva rivali. Anche lui scivolò sotto la pioggia, e in poco tempo fu di ritorno con una bottiglietta del suo latte personalissimo. Fornitura speciale della sua marca locale prediletta. 

Già il tutto migliorava: ora profumava quasi di torta pronta da infornare. Un momento: il tocco finale. Cappelletto pensò bene di aggiungere qualche uvetta secca, che aveva trovato accanto al barattolo della cannella. Non erano scritte nella ricetta, ma, per questa volta, un pizzico di creatività era necessario! 

Il composto fu versato nello stampo allungato, e poi filò dritto in forno. Per l’ora di cena, era pronto. Dorato, lievitato, e deliziosamente profumato di mele, cannella e uvetta. Immaginatevi la sorpresa della Risolartista, quando si rese conto di un certo aroma di dolce che girava per la casa. Era così buono e intenso, da vincere la sua noia, e farla correre in cucina a curiosare sulla provenienza.

Veniva voglia a tutti di assaggiarlo subito. Peccato dovessero aspettare che si raffreddasse almeno un po’… ma l’attesa valeva la futura fetta di torta. Per gatti, artista, e passerotti, che si sarebbero certo presentati presto alla finestra.

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