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Il Gatto Cappelletto

Ehi, dico a voi laggiù! … Non mi vedete? Sono qui, sopra il tetto. Proprio accanto all’antenna della televisione! Un momento solo, e scendo a presentarmi: devo finire il mio giro di ricognizione mattutino.

Eccomi. Scusate il ritardo! Ora vi spiego cosa stavo facendo poco fa… ah, prima di tutto: mi chiamo Cappelletto, e sono il gatto rossiccio del paese. Quello “ben tornito”, come dice qualcuno, quando prende il mio pelo folto per “pancetta”. Sciocchezze! Ripeto: è tutto pelliccia che non ho voglia di regalare alla parrucchiera…

Lasciamo stare. Vi stavate domandando come mai fossi lassù in cima al tetto. Ebbene: ero a fare la mia vedetta quotidiana. Tutti i giorni mi curo che i furgoncini che consegnano i prodotti alimentari facciano bene il loro lavoro, e non dimentichino nulla. È un compito di grande importanza per il paese; pena il rimanere senza cibo! Si può dire che io mi occupi dell’Annona di San Feliciano, ecco (riguardate il libro di storia se non sapete il significato!). 

Dal mio tetto, godo di una visione strategica perfetta: dalla parte della Piazza controllo tutti i rifornimenti del supermercato; dal lato del lungolago, invece, sorveglio che al ristorante non manchi niente. Ho un’agenda con scritto tutto quanto necessario, stagione per stagione: non c’è richiesta di cliente affamato che il signor proprietario del locale non sappia soddisfare. Merito mio! Settimio (il nome del fondatore di quel delizioso posticino in cui mangiare pesce di lago) sarebbe orgoglioso di me. I cuochi attuali, orgogliosi, lo sono davvero; anzi, sono anche generosi nel ricompensarmi. Qualche avanzo di pesce non manca mai, se lo chiedo; spesso, però, mi passano di sottobanco anche di meglio (ma non ditelo ai proprietari!). 

Effettivamente, in quanto a dieta, sono un gatto particolare, e dal palato assai raffinato. Tutti pensano che un gatto che se ne sta ad osservare il cielo sopra un tetto ogni mattina cacci gli uccellini. Scherziamo?! Ho fatto voto di non toccarne uno tempo fa, in cambio di avere il mio posticino di vedetta preferito (il tetto, appunto) sempre libero e pulito. Pulito, soprattutto. Da allora, ogni uccellino del paese sa bene che, se non vuole correre rischi, basta che scelga un’altra zona come toelette. Patti chiari, amicizia lunga. 

Dunque, non mangio uccellini per colazione. Già che ci sono, vi confermo che, se vi capitasse di vedere un gatto arancione sul tetto della casa da cui mi avete visto scendere, non posso che essere io. Salgo su tutte le mattine, prima ancora dell’ora della vostra colazione. Non correte nemmeno il rischio di dovermi concedere un biscotto o una tazza di latte: quando arrivo, voi siete sempre tutti ancora nel paese dei sogni, beati sotto le coperte. Salvo, forse, una certa personcina tanto cara, che, oltre a farmi compagnia, spesso mi lascia qualche avanzino di pesce sul balcone… è la mamma della Risolartista: gentile quanto la sua “fiolina”, come dicono qui. Gentile e, aggiungo, mattiniera almeno al pari di me. Peccato non abbia ancora capito che me ne sto qui a lavorare, e non a cacciare passerotti!

Ora che ci penso, non vi ho ancora parlato della mia, di padrona. Finisco con la dieta, e arrivo. Dunque: niente pennuti, il pesce mi piace molto (solo quello di lago, sia chiaro), ma la mia vera passione è un’altra. Non mi chiamo Cappelletto per niente. Il mio piatto preferito è una ciotola di brodo di gallina fumante, in cui galleggiano cappelletti appena fatti. Spero sappiate cosa siano; in ogni caso, meglio rinfrescare la memoria. Chiamateli come volete (ravioli, tortelli, tortellini…) a casa vostra; qui, a San Feliciano, si impastano e si mangiano solo cappelletti. Sfoglia gialla intensa, ruvida e porosa, con un buon numero di tuorli; ripieno di carne, o, per chi li preferisce, si accettano anche “di magro”. E non si dimentichi la forma: i cappelletti ne hanno una sola, come una è la dimensione. Niente varianti quadrate, né esemplari giganti. Se ne volete più, fate il bis; e non provate a farli enormi, solo per dire di averne mangiati soltanto quattro! 

Come mai sono così esigente? Be’ la mia padrona (ed ecco che arriva) mi ha istruito bene. Si tratta di una di quelle venerande dominae lacustri, che fanno da colonne portanti della vita e delle tradizioni del paese. Nei giorni che furono faceva la sarta, e aveva un bel negozietto di vestiti e biancheria (così mi raccontano, visto che io sono arrivato un po’ tardi). Le sue doti da modista ve le può confermare il mio guardaroba di tutto rispetto. Non c’è capo che io indossi che non porti la sua firma. Prediligo i maglioni fatti a maglia (come potete notare…), soprattutto se con qualche bel ghirigoro, o disegno “alato” (oche, passerotti, anatre, ecc…). Sono pur sempre un gatto, e l’istinto felino mi è rimasto: avere gomitoli in giro per casa, e uccellini sui vestiti, è molto piacevole.

La mia padrona, però, oltre a farmi i maglioncini fin da quando ero un cucciolo, si è messa anche a impastarmi e cucinarmi montagne di cappelletti. Inevitabile: mi ha fin da subito considerato come uno di famiglia; e, se la famiglia mangia i cappelletti, anche il gatto con loro deve farlo. La logica non fa una piega. Dunque, ho assistito, e assisto tutt’ora quasi quotidianamente, alla preparazione dei suddetti manufatti. Conosco a memoria ogni passo della ricetta, ogni dose, ingrediente, gesto e segreto. Posso anche dire di saperli cucinare da me.

Dopo tutto, gli animali del paese mi conoscono come il Gatto-cuoco, esperto di gastronomia e cucina. Non posso negare di aver imparato a leggere sui manuali di cucina della mia padrona (in rigoroso dialetto perugino) e sui menu del ristorante che sorveglio. Dalla torta al testo, alla ciaramicola (noto dolce pasquale umbro), passando per le varie preparazioni a base di pesce. La mia specialità, però, rimangono i cappelletti. Ora che mi ricordo, a quest’ora mi staranno già aspettando nel piatto. Meglio che vada, prima che si raffreddino

Una risposta a “Il Gatto Cappelletto”

  1. Avatar Antonello
    Antonello

    … e allora buon appetito al sempre vigile ed attento … gatto “Cappelletto”!

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