Non serve andare in montagna per raccogliere quel mazzolin da mettere al centro della tavola. Anzi. Si può fare meno strada, e portare a casa qualcosa che non solo possa adornare la tovaglia, ma possa colorare anche i piatti di sapore. Ecco, dunque, l’esito di …
Dalla terra bruna, alla casseruola variopinta. Dalla Terra di Siena Bruciata, al rosso Vermiglione. C’è il contadino da una parte, e l’artista dall’altra. Si passa dal giardino alla cucina: il tempo di attraversare una porta. Anzi due, senza contare il cancelletto. E la mamma dov’è? …
Cuori di bue. Tanto attesi, tanto sospirati per tutto l’inverno. Tanto sognati, quando gli unici pomodori in giro erano pallidi e insapori. Tanto desiderati, per il loro spirito estivo e allegro, che portano in tavola a ogni primavera.
E, finalmente, eccoli qui. I cuori di bue.
Rosati, che si dipingono di verde, e poi di arancio, e infine di rosso maturo. Ma rimangono pur sempre rosati. Rosati nel cuore: in quella loro polpa succosa, ma vellutata. Una polpa corposa, soda, che ben si figura sotto il palato, nel momento in cui si pensa al loro nome specifico.
Cuori di bue.
Che sapore potrebbe avere il vero cuore di un bue? Certo, non quello di un pomodoro. Forse un po’ la forma la potrebbe ricordare… ma neanche troppo. La consistenza, però, quella sì: deve essere proprio la stessa.
In fin dei conti, li si aspetta per questo. Non per il loro carattere gioviale (non sono particolarmente chiacchieroni), ma per la polpa rosata e soda. Perfetti in insalata, perfetti con la bufala campana a fette. Perfetti con una semplice fetta di pane. Magari anche di segale. Aromatico lui, aromatica lei: cuore di bue e segale; segale e cuore di bue. E le sfumature di colore si mescolano insieme ai loro sapori: si sente l’estate e il sole, con un ricordo ombroso di sottofondo.
Passati i mesi invernali, quasi ci si è dimenticati di cosa sia una bruschetta. Di pomodori, non se ne sono visti molti, salvo quegli esemplari insapori, che di “pomi d’oro” hanno forse solo l’etichetta. Per non parlare, poi, degli aromi: ci si stupisce alla vista …
Prendete un agrume. A voi la scelta del frutto di partenza. Arance dello Zar, arance Vaniglia, bergamotti, cedri, o limoni. Le scorze variopinte fanno girotondo, in equilibrio precario sul bordo della ciotola. Svetta il giallo del cedro, modellato in quella sua forma allungata, iconica e …
È sempre nel Farro dicocco che dobbiamo cercare la “città natale” della semola di grano duro. Quest’ultima, infatti, proviene da lì. Per chi avesse un temporaneo vuoto di memoria, ricordiamo che si tratta dell’ingrediente fondamentale per ogni piatto di spaghetti. Spaghetti, ma non solo: se andate a leggere il retro di un qualsiasi pacchetto di pasta (dai rigatoni, ai fusilli, fino al vostro formato preferito!) troverete scritto in cima alla lista delle componenti: semola di grano duro.
Bene; capito che anche quello che chiamiamo tutti i giorni grano non è molto lontano dal parente farro, è ora di vedere ciò che li distingue. Il grano duro in questione (e, vedremo, anche il grano tenero), presenta la cosiddetta “carosside nuda”. Si tratta di un seme, appunto, nudo, ossia privo di quegli strati esterni difficili da staccare, che, invece, ritroviamo nei tre farri. Merito dell’uomo, intervenuto a selezionare quegli esemplari più vantaggiosi, che non richiedevano molta fatica per essere ripuliti! La furbizia dei nostri antenati non conosce limiti…
Un’ultima nota riguarda la semola “rimacinata” di Grano duro, che è chiamata così poiché viene passata due volte sotto le macine. La potete trovare facilmente in quelle varietà di pane tipico soprattutto delle regioni meridionali (come il pane toscano). L’indizio? Un colore giallo più intenso della mollica, che segnalerà la presenza di questo cereale.
Farro Monococco (Piccolo) Triticum monococcum Dovete sapere che non è il ben noto grano tenero a essere all’origine dell’agricoltura, bensì il farro. Per ripercorrere la sua storia, andiamo indietro di ben 12 000 anni, nel cuore pulsante della civiltà: la Mezzaluna Fertile. Si tratta di …
C’erano volte in cui, insieme al biglietto, si prendeva su anche un certo incarto bruno, dal profumo fragrante. Il bigliettaio, così, era più contento: niente resto da conteggiare. Il pendolare pure: niente spiccioli da trovare nel fondo della tasca, ma solo un incarto, un incarto …
C’è movimento nell’orto. Non sembra, ma qualcosa si sta risvegliando. Eppure, tutto tace… in superficie.
Occorre andare in profondità, oltre le apparenze di quelle zolle di terra bruna. Facendo attenzione, si noterà quel profumo di umidità di fine inverno, che il terreno, ancora dormiente, emana sempre più intenso.
Aroma curioso, speciale, ricco di significato, quanto di impercettibile nutrimento. Pensare che, tra poco, tutta quella distesa bruna comincerà a dipingersi di germogli di natura. Zefiro tornerà a soffiare tiepido, riaccendendo la vita in ogni seme.
… già, i semi. Invisibili, eppure presenti. Nella loro latenza, racchiudono un futuro di foglie rigogliose, boccioli e frutti. Tanto piccoli, tanto potenti. È bene ricordarsene; soprattutto in momenti come questi, quando gli ultimi tratti di freddo inverno faticano a illuminarci la giornata.
Un artista che conosce il suo orto, però, sa dove andare a cercare qualche macchia di colore. Prima ancora che l’ultima neve si sciolga, c’è già qualcosa che spinge la terra, per poter spuntare allegro. Grumolo verde, rosso, violetto e giallino: un bouquet di petali dal gusto amarognolo, intenso quanto le tinte del fogliame. Dopo tutto, non si può pretendere la dolcezza zuccherina dei doni primaverili: arriveranno, ma non è ancora la stagione. Intanto, però, gli occhi si cibano di questi boccioli di colore.
E non mancano i semi. Come potrebbero… è tempo di preparare il campo. Qualcuno cade accidentalmente nell’impasto. Sembra sia lino. Semi di lino. Un pugno, e anche più: innumerevoli macchioline scure, che si mescolano alla farina rustica e saporita.
E così, come da quelle sementi si sforna ora una fragranza di pane, così si sforneranno piante giovani e forti in futuro. Occorre attendere, certo. Nel mentre, un ciuffo di cicoria rotola silenzioso giù dalla ciotola, andando a fare compagnia a una fetta di pane.
Si sale in carrozza; uno scalpitio e si parte, alla volta di una lussuosa corte del Mezzogiorno abruzzese. Banchetti, tessuti preziosi, tendaggi e broccati dai mille colori. La tavola è lunga, adornata di fiori; i nobili attorno vi fanno girotondo, in un chiacchiericcio vezzoso. Si …