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(In)utili incontri? Un giro ad (Un)fair

“Come tutte le fiere abbiamo obiettivi che si traducono in target e numeri, ma quello che vogliamo vedere nei prossimi giorni sono galleristi e collezionisti felici.”

Emanuela Porcu e Laura Gabellotto

Un contro-concetto di fiera dell’arte

Con queste parole, le direttrici Emanuela Porcu e Laura Gabellotto inaugurano la seconda edizione di questa giovane fiera. Una fiera che, già dal titolo, promette di voler essere diversa dal concetto tradizionale. Se si è pratici del settore, si collegherà subito il termine “fiera d’arte contemporanea” a quel groviglio di relazioni commerciali e speculative che hanno ben poco di artistico. Si va in fiera a vedere i nuovi trend del mercato. Si va in fiera con l’atteggiamento di cani da tartufo che devono individuare i possibili affari. Ciò che le gallerie presentano sarà presto (se non lo è già) il benchmark a cui guardare per valutare gli artisti emergenti. Dunque: occhi aperti, quadernetto degli appunti alla mano, e portafogli pronto a scattare davanti a una tela di valore

… Che valore, poi? Artistico, storico, oppure semplicemente economico? La realtà delle fiere d’arte e dei loro partecipanti è troppo aggrovigliata per essere definita. Il nero su bianco, qui, non esiste. 

Tuttavia, ad (Un)fair si respira, o si vorrebbe far respirare, un’aria diversa. L’idea che vi sta dietro è di un ritorno alla genuinità delle relazioni fieristiche. Un ritorno al piacere di passeggiare tra uno stand e l’altro, scambiando due parole gioviali con i galleristi. Galleristi sorridenti, aperti, desiderosi più di far conoscere, che di fare profitto. E, in effetti, il catalogo di questa edizione 2023 brulica di giovani artisti, magari autodidatti, che non sono lì solo per vendere, ma anche per divertirsi. Dunque, non c’è che da fare nuove conoscenze…

Aria di primavera con Gordon Hopkins

Galleria belga che lo rappresenta, autore di mezza età dal passato a stelle e strisce. Parte dalla quotidianità: dalle fruttiere delle nostre cucine, oppure dal fogliame del pacchetto accanto a casa, e poi tende al colore. Colore sgargiante, che modella forme semplici e un po’ infantili, che riducono il reale in giocoso. C’è un accenno di Fauvisme nel suo fogliame irriverente nei confronti dell’aspetto naturale: emozioni sgargianti si riflettono in piante d’appartamento banali quanto irreali.  

Guardando le sue tele, sembra di ritrovare l’atmosfera di sottile allegria che i primi frutti della primavera portano sulla tavola. 

G. Hopkins

Je Shen e il Pointillisme dei fiori di ciliegio

I suoi paesaggi orientaleggianti tradiscono subito le sue origini Cinesi. Ma la tecnica è diversa. Dopo i primi studi in patria, l’artista si è spostato in Occidente, dove è rimasto affascinato dal Pointillisme di George Seurat. Una passione, quella per la composizione delle figure a puntini, che ha poi riportato nella sua terra. Fonte costante di ispirazione sono, infatti, gli alberi di ciliegio, laggiù pressoché onnipresenti. Partendo dalle loro chiome in fiore, rese con una moltitudine di gocce di acrilico perlato a rilievo, Je Shen compone i suoi sogni. E così, da barchette fluttuanti prorompono fuori i ciliegi, mentre un sole rosato si spegne all’orizzonte. Un Pointillisme contemporaneo che allieta la vista. 

J. Shen

Le rose dalle spine di china di Jean-François Debognie

Se il precedente artista dall’Oriente si è spostato all’Occidente, con Debognie si ha l’esatto contrario. Nato a Bruxelles, oggi residente a Singapore. Di Europeo, oltre al cognome, rimane la sua passione per il “Giallo di Napoli” e la “Terra di Siena bruciata”: due colori dalle origini spiccatamente mediterranee. Queste tinte, però, sono adoperate per delineare paesaggi che sembrano provenire dalle antiche aree rurali della Cina. In lontananza si scorgono montagne basse, che riflettono il probabile spunto delle stampe cinesi e giapponesi. Su questo paesaggio, nebbioso quanto tempestoso, spiccano in primo piano brillanti fiori a contrasto. Rose, probabilmente. Rose dai lunghi e flessuosi gambi, punteggiati di spine che paiono piuttosto schizzi di china. Forse che in Oriente le rose perdono le spine?

J. F. Debongnie

Dal digitale alla tela, il passo è breve per Giorgio Vallorani

L’ultimo incontro della fiera è dedicato a un personaggio italiano, nato illustratore Disney, oggi artista che fa volare le idee fuori dallo schermo. Proprio così: le sue opere cominciano in digitale, per poi concretizzarsi sulla tela. Giorgio Vallorani parte da un disegno pensato sull’iPad, rielaborato su Photoshop, e poi stampato su tele di grandi dimensione. A quel punto, passa ai pennelli (quelli veri). E colori e forme geometriche definiscono una realtà senza tempo, che immortala scene di vita quotidiana, che poi tanto quotidiana non è più…

Giorgio Vallorani 20 21 - Exibart.service
G. Vallorani

2 risposte a “(In)utili incontri? Un giro ad (Un)fair”

  1. Avatar Sergio Bonacina
    Sergio Bonacina

    interessante. Dei quadri quello che piace a me è il ” Giapponese ” Sergio
    -Hai fatto una meravigliosa scelta di arte contemporanea. Tutti belli ed emozionanti. Nonna Ginia

    1. Avatar La Risolartista
      La Risolartista

      Grazie!!!!

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